Guerra Ucraina e sanzioni, anche McDonald's lascia la Russia. Al suo posto il moscovita "Zio Vanja"
Per capire il senso dell'addio di McDonald's alla Russia annunciato ieri basta guardare una scena del film The Founder, che racconta proprio la storia di come un piccolo fast food gestito da due fratelli californiani timorati di Dio si trasformò in un brand globale. Tutto questo accadde grazie ad un manager, Ray Kroc, che nella pellicola era interpretato da Michael Keaton e capì l'enorme potenziale economico di quei panini farciti con una tecnica sincronizzata, come in una catena di montaggio.
Ebbene, Keaton-Kroc, nel tentativo di convincere i due fratelli McDonald assai reticenti a spiccare il salto imprenditoriale, presentò loro un prototipo di ristorante con i due archi gialli che ben conosciamo: «si potrebbe dire che questo bellissimo edificio ornato da quegli archi, rappresenta la famiglia, la comunità, è un posto dove gli americani si riuniscono per spezzare il pane. McDonald's -declamava il manager- può diventare la nuova chiesa americana».
Ecco quindi che quando gli archi gialli sbarcarono a Mosca nel lontano 1990 l'interminabile coda, le cui immagini sono state mandate in loop dalle reti all news nella giornata di ieri, era la sembianza di una processione laica. Perché il brand, il marchio, ostia della globalizzazione, affratellava nel segno del mercato e della libertà. Anche Boris Eltsin, primo presidente della nuova Russia post comunista, fotografato alle prese con uno dei Mcpanini, era il suggello della conversione. Che peraltro non del tutto tranciava i legami con il passato: il McDonalds non è forse un meraviglioso crogiuolo interclassista, che nutre allo stesso modo e al medesimo prezzo il manager come lo studente squattrinato? Già, ed è per questo che la notizia dell'abbandono delle attività in Russia da parte della catena (a marzo erano state sospese le attività), suona come la metafora di un passo nuovo della storia.
Gli 850 punti aperti nel Paese in quasi 30 anni (dopo il primissimo punto vendita l'avvio vero e proprio della presenza in Russia avvenne nel 1993) suonano, visti oggi, come il gadget di quel ponte steso da Mosca verso l'Occidente, segno di un mondo in cui la pace globale, o quantomeno tra i vecchi nemici della Guerra Fredda, sembrava sentiero impossibile da abbandonare. Abbiamo visto che non è così. La chiesa americana chiude, dunque, e la generazione post-comunista russa, per quanto non post ideologica come quella dei coetanei europei, ora dovrà fare i conti con lo sradicamento di un cardine della propria coscienza collettiva. Così come avvenuto con i Facebook, Twitter, Netflix. E, a quanto pare, gli archi gialli saranno sostituiti da un'azienda locale, "Zio Vanja", dal nome di un'opera di Checov, che secondo anticipazioni servirà più o meno gli stessi menù senza preoccuparsi della violazione dei brevetti. Sarà il primo esperimento di post-globalizzazione, dove vedremo l'effetto che farà la scissione di un prodotto (se non proprio uguale, quantomeno simile) dall'estetica del marchio che lo ha caratterizzato nella coscienza collettiva.
Azzardiamo una scommessa: Zio Vanja potrà fare anche i panini non troppo diversi, ma non avrà mai quel respiro di sogno americano che molti ragazzi russi, nonostante il dramma storico in corso, magari continuavano a possedere. Al di là di McDonald's, ieri un'altra company occidentale ha annunciato l'addio anche Renault, che ha venduto tutte le quote di Renault Russia alla Città di Mosca, così come ha ceduto ad un ente pubblico la sua partecipazione in Avtovaz, casa automobilistica locale. E con la fuga delle grandi aziende non solo si scrive un nuovo anno zero della storia, ma viene segnato lo sganciamento progressivo, oramai quasi totale, da quella pur leggera catena che teneva legata la Russia al mondo occidentale.