crisi ucraina
Guerra in Ucraina, Vladimir Putin chiude il gas all'Europa
Guerra in Ucraina atto secondo. Il conflitto si allarga non solo nei confini, visto che le tensioni si sono spostate anche tra Russia e paesi Baltici, ma anche nelle modalità. Così ora Vladimir Putin porta l’affondo al cuore dell’Europa con la chiusura dei tubi. La prima alla quale ne possono seguire anche altre. Ieri Gazprom ha annunciato la cessazione dell’utilizzo del gasdotto Yamal-Europe che, dalla Russia, porta il metano in Europa passando per la Polonia. Una notizia negativa che aggiunge preoccupazione a quella del giorno prima. Quando lo stop ai flussi è stato dato al punto di ingresso di Sokhranivka, in Ucraina. Non per volere del Cremlino ma perché l’operatore della rete del gas naturale ucraino non ha più avuto accesso al gasdotto per l’occupazione del Donbass.
La somma dei due stop però ha fatto volare i prezzi: i contratti di riferimento al terminale olandese Ttf hanno registrato un forte balzo. Le quotazioni hanno chiuso in rialzo del +10,8% a 104,2 euro/Mwh. Un’impennata che oltre a pesare sulle famiglie e le imprese rappresenta un’ulteriore mossa nella partita che si sta spostando dai campi di battaglia ai tavoli delle istituzioni europee. Che la prossima settimana daranno corpo al piano RePowerEu che ha l’obiettivo di sganciarsi dalla dipendenza russa accelerando la transizione energetica. Innanzitutto con l’introduzione del tetto al prezzo del metano solo in seguito a «un’interruzione improvvisa, su larga scala o totale, delle forniture di gas russo». Non sempre dunque. Ma non basterà. Perché Bruxelles ha spiegato che «i prezzi dell’energia rimarranno elevati per il resto del 2022 e, in misura minore, fino al 2024-2025». E c’è anche la previsione dell’estrema ratio. Nel caso Mosca fermi i flussi l’Ue ha raccomandato ai Paesi membri di procedere con un «razionamento coordinato» sulla base del principio di solidarietà. Principio che negli ultimi anni è stato spesso usato solo formalmente come nel caso del dossiere immigrazione. Per ora l’unica strategia è quella di pensare al breve termine aumentando il più possibile gli stoccaggi in vista dell’inverno. Per questo secondo alcuni osservatori a Bruxelles è per questo che le imprese europee si stanno preparando a pagare il gas in rubli nel mese di maggio, quando per tanti ci sarà la prima scadenza dei versamenti da quando il Cremlino ha introdotto il decreto che impone a chi compra di versare a Gazprombank la valuta russa. Le parole di Mario Draghi da Washington che aveva aperto all’ipotesi di pagamenti in rubli non sono passate inosservate a Bruxelles. «Non le commentiamo ma ribadiamo che pagare il gas russo seguendo il decreto di Mosca viola le sanzioni», ha sottolineato Tim McPhie, portavoce dell’esecutivo europeo.
Per ora si naviga a vista anche perché la Commissione non avrebbe fornito un parere legale «opponibile», che possa essere usato dalle società per rifiutare le transazioni. La confusione e la cosiddetta zona grigia aiuta comunque le aziende energetiche a fare il pieno prima che lo Zar Vladimir schiacci il pulsante fatale. Non quello della bomba atomica, ovviamente, ma quello del quadro di comando della Gazprom. Che lascerebbe gli europei al caldo atroce quest’estate e al gelo il prossimo inverno. Ma che soprattutto fermerebbe a rotazione le fabbriche con conseguenze catastrofiche.