Guerra in Ucraina, dalla Russia arriva meno gas. Per l'Europa è il primo allarme
Un campanello di allarme, per ora. Ma pur sempre un segnale da non ignorare. Per la prima volta dall’invasione russa dell’Ucraina, l’Europa fa i conti con una reale carenza di gas. Da Gazprom nella giornata di ieri sono arrivati 72 milioni di metri cubi, circa 24 milioni in meno rispetto ai 95,8 milioni di metri cubi previsti in consegna. Dunque, c’è un primo stop ai flussi di gas verso l’Europa. Motivo? Il transito attraverso il punto di ingresso di Sokhranivka si è fermato a causa dell’occupazione delle forze russe. Se Mosca lo vorrà, i flussi potranno essere reindirizzati alla stazione di compressione di Sudzha, in Russia. Ma per ora non è così. Il gestore del sistema di trasporto del gas di Kiev (Grid) ha infatti dichiarato di non poter controllare i flussi di gas dal terminale di compressione Novopskov nella regione di Lugansk, dal quale arriva ai Paesi europei un quantitativo medio giornaliero di di 32,6 milioni di metri cubi, circa un terzo delle forniture inviate dalla Russia.
La notizia ha fatto rialzare in Borsa il prezzo del gas, fino a oltre il 5%, e rischia anche di rendere ancora più difficile il dibattito sul sesto pacchetto di sanzioni. Il premier Mario Draghi, in visita ufficiale a Washington, ha comunque ribadito la linea italiana, ovvero tetto europeo al gas e subito. «Con il presidente Joe Biden siamo insoddisfatti di come funzionano le cose nel campo del petrolio per gli Usa, nel campo del gas per l’Europa. Entrambi abbiamo condiviso un concetto abbastanza generale di tetto al prezzo di petrolio e gas. Ma l’attuale struttura di funzionamento dei mercati non va, perché i prezzi non hanno alcuna relazione domanda offerta, da ben prima della guerra. In Europa dobbiamo essere tutti d’accordo (sul tetto, ndr), e altri Stati membri sono di avviso diverso dal nostro. Ma noi continueremo ad andare avanti». Poi, dal premier, un’altra sponda alle rinnovabili, ottica di spinta allo sganciamento da Mosca. «Sia io che Biden abbiamo tenuto a ricordare che ogni iniziativa che si prende sul fronte del petrolio, del gas o addirittura del carbone non deve andare a detrimento degli investimenti sulle rinnovabili e degli obiettivi di transizione ecologica che devono rimanere fissi».
Tutto questo accadeva mentre alla Camera, nel corso di un question time, il ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, spiegava come «stoccaggi e forniture alternative possono compensare la riduzione dei flussi, ma se il problema si prolungasse, spiegano gli operatori delle reti, verranno attivate le clausole di interrompibilità alle industrie, come prevedono i piani di emergenza nazionali».