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Twitter, Elon Musk fa impazzire la sinistra Usa

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Benedetta Frucci
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La sua colpa? Una policy basata sull’assoluta libertà di espressione, annessa alla certificazione dell’identità del profilo degli utenti: liberi di esprimersi ma assumendosene la responsabilità. E in effetti in una democrazia la libertà si associa sempre alla responsabilità individuale e alla fiducia che lo Stato ha nel cittadino. L’opposto di ciò che propaganda ormai da anni la sinistra radicale Usa. Una sinistra che si fa chiamare liberal, ma che di liberale non ha assolutamente nulla. Sono i cultori della cancel culture, della censura, delle statue abbattute e dei libri bruciati nei cortili delle scuole. Un paradosso che un movimento così sia nato e abbia preso piede negli Usa, la terra della libertà, ma tant’è.

Per capire la misura del fenomeno, basta pensare che l’amministrazione Biden, proprio pochi giorni dopo l’acquisto di Twitter da parte del magnate, ha assegnato a una figura ultra liberal come quella di Nina Jankowicz il ruolo di guidare una sorta di ministero della disinformazione, che suona molto simile all’orwelliano Ministero della Verità. Un caso? Comunque sia, il tema che pone Musk, che si dichiara lontano dall’estrema sinistra come dall’estrema destra, é un tema su cui vale la pena aprire una riflessione anche qui, in Europa e in Italia. Una riflessione che riguarda in primis la libertà di espressione, che dovrebbe essere sempre garantita in una democrazia.

Come combattere le fake news? La risposta liberale è combatterle con l’informazione, non con la censura. I fatti dimostrano che questo atteggiamento funziona, tanto più se associato alla certificazione dell’identità dell’utente, così da fermare il proliferare dei bot. Prendiamo l’esempio dei vaccini: nonostante lo spazio mediatico dato ai no vax, gli italiani si sono vaccinati in massa. Ma Musk nei suoi cinguettii offre anche uno spunto di riflessione su ciò che è accaduto alla sinistra in questi anni e lo fa postando uno schema che mostra come la sinistra sia corsa sempre più verso gli estremi e l’elettorato di centro si sia avvicinato per questo apparentemente ai conservatori, pur restando fermo sulle proprie posizioni moderate. Questo non significa che anche la destra non si sia spostata su posizioni più estreme, come nell’era trumpiana o nel caso dei sovranismi europei. Ma che sulla libertà di espressione, la sinistra abbia voltato faccia. E negli Usa, l’ha fatto anche per ciò che riguarda la libera iniziativa economica. In America non sono abituati infatti a una sinistra statalista, caratteristica della sinistra europea.

Questo spostamento traslato in Italia è evidente su più fronti. Da un lato, nell’abbraccio del Pd con il M5S, dall’altro, nelle posizioni ultraliberal - espressione fuorviante, meglio traducibile con ultraprogressismo - assunte da un pezzo dei dem italiani, come per esempio in occasione del Ddl Zan che, lungi dal limitarsi a tutelare la comunità omosessuale, introduceva nei fatti un meccanismo di censura. Soprattutto quello schema pone un interrogativo essenziale alla sinistra su dove voglia andare. Tornare al riformismo alla Blair o spostarsi sul radicalismo alla Sanders, alla Melenchon, alla Corbyn? Certo è che le elezioni si vincono ancora al centro e che quello che appare oggi agli occhi dell’elettore moderato è un pericoloso ibrido fra il radicalismo di vecchie teorie economiche stataliste, rappresentate dalla onnipresente proposta di una patrimoniale e il radicalismo liberal censorio americano.

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