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Chernobyl, 36 anni dopo la centrale nucleare fa ancora tremare il mondo. La minaccia russa in Ucraina

Luca De Lellis
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Il 26 aprile 1986 esplodeva il reattore nº 4 della centrale nucleare di Chernobyl, provocando la più grande catastrofe nella storia dell’energia nucleare. A 36 anni di distanza dal disastro, la città fantasma vive un altro incubo: Vladimir Putin. Yurii Fomichev, sindaco di Slavutych, una cittadina satellite di Chernobyl, in occasione della tragica ricorrenza ha confessato all’Ansa: “Non possiamo sapere cosa c'è nella testa dei russi. Non potevamo aspettarci che si impadronissero delle centrali nucleari”. Non celando una certa preoccupazione, ha poi dichiarato: “Fino a quando a Mosca non cambierà il sistema, la nostra regione sarà sempre in pericolo. Siamo ancora sotto la minaccia dell'invasore”.

L’esercito russo ha abbandonato l’edificio alla fine di marzo, anche a causa delle scorie radioattive che hanno colpito alcuni soldati. Ma ha lasciato comunque un alone d’ansia in termini di sicurezza di tutto l’impianto, sequestrando materiale radioattivo, computer e anche diversi lavoratori operanti nella centrale. Tatyana Boyko, consigliera per i media del sindaco, come riporta l’Ansa, ha parlato di “terrorismo nucleare”.

Secondo lei non c’è altro modo per spiegare la paura che l’occupazione russa ha comportato, costringendo la centrale senza corrente elettrica per 6 giorni, con gli operai obbligati a lavorare “anche 600 ore di fila” senza mai poter riposare. Pratiche disumane a cui ormai la Russia ha abituato nel corso di questa guerra, ma che in realtà non potranno mai diventare consuetudine per chi assiste inerme a questi racconti.

Il coprifuoco notturno vigente in Ucraina non ha impedito alla piccola città di Slavutych di offrire il proprio omaggio alle vittime del disastro di Chernobyl. Alle 00.23, ora esatta dell’inizio della tragedia avvenuta 36 anni fa, è stato osservato un minuto di silenzio davanti al memoriale al lato della piazza. Una scena da brividi, in un luogo che sembra non avere pace. La speranza del primo cittadino, che rappresenta quella di tutto il popolo ucraino, è l’ultima a morire: “Ora la situazione è sotto controllo. Ci auguriamo che la guerra finisca presto, così da poter ricostruire il nostro Paese”. 

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