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Le intimidazioni di Putin sono una buona notizia. L'economista Maffè: "Così finalmente saremo indipendenti dalla Russia"

Pietro De Leo
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«La minaccia è un'arma impropria di guerra, propaganda pura e senza conseguenze irreversibili. Anzi, sa che le dico? È una buona notizia, così finalmente mettiamo la parola fine alla nostra dipendenza energetica dal dittatore Putin». Carlo Alberto Carnevale Maffè, economista, docente alla Bocconi, fa il punto con Il Tempo dopo le minacce rivolte all'Italia da Alexej Paromov, direttore del dipartimento europeo del Ministero degli Esteri russo. Se si prosegue sulla strada delle sanzioni, dicono da Mosca, per l'Italia ci saranno conseguenze irreversibili. Secondo Maffè, però, non è così.

 

 

Ma come, professore? C'è il tema energetico, e poi c'è la quota di mercato del nostro Made in Italy.
«Il nostro export verso la Russia è molto limitato, sui 7 miliardi circa. Una cifra da "zero virgola", rispetto al Pil. Non tanto beni di lusso, più che altro macchinari e componenti farmaceutiche. Poi certo, i russi vengono a comprare il lusso in Italia, ma il crollo dell'export verso la Russia non minaccia la posizione commerciale. Discorso diverso per l'import».

Tema energetico, appunto.
«Circa il 43-44% del gas che utilizziamo è russo, così come una buona fetta di petrolio. Noi, però, ce la siamo cercata».

Che intende dire?
«In otto anni segnati dall'attacco in Crimea e dalla crisi in Donbass le sanzioni avrebbero dovuto far cambiare politica in Italia. Per questo motivo, ora, questo Paese deve smetterla di fare la quinta colonna di Putin, stato di cose generato per colpa di tante forze politiche, che hanno preferito dipendere dalla Russia. C'è gente che, negli anni, ha votato contro i rigassificatori, che ci servono, contro lo sfruttamento dei giacimenti. La politica energetica è una cosa seria, non si può lasciare agli inadeguati».

 

 

Ora, quindi, cosa si deve fare?
«Il petrolio si trova sul mercato. Oggi costa tanto, sì, ed è un problema, tuttavia non siamo a prezzi record, perché i 100 dollari al barile sono già stati raggiunti anche in passato. Ma bisogna accelerare con la transizione energetica verso le rinnovabili e smetterla di fare le anime belle sul nucleare, atteggiamento privo di senso. Il nucleare non è il meglio, ma a volte il meglio è il nemico del bene».

Lei parla di uno scenario di medio periodo. Però c'è quello immediato, con dei contraccolpi se la Russia dovesse bloccare le forniture.
«Il petrolio, ripeto, lo compreremmo altrove. Pagheremmo un po' di più, certo. Il gas ha tre destinazioni diverse. La prima è per l'energia elettrica, e in teoria potremmo anche ricavarla dal carbone, con buona pace degli ambientalisti. Lo scoglio più difficile è per le altre due, gli impianti industriali ed il riscaldamento domestico. Dunque dovremmo trovare il gas da un'altra parte. Come? Innanzitutto sviluppando i rigassificatori. E poi l'Italia ha bisogno dell'Europa, in questa fase, attraverso il piano di Repower EU di accelerazione e transizione energetica, stoccaggio energia e riapertura delle fonti di approvvigionamento. La situazione è complessa, ma abbiamo tutti gli strumenti per superare questa fase in modo strutturale».

 

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