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Guerra Ucraina, le acrobazie della Cina e il ruolo di Taiwan: se Pechino non morirà per la Russia

Giada Oricchio

Nella guerra in Ucraina, la Cina sta con la Russia, con l’Occidente o con un piede in due staffe? Giorgio Cuscito sul nuovo numero della rivista "Limes" spiega il ruolo di Pechino che a inizio febbraio, 20 giorni prima dell’invasione delle truppe russe nella nazione limitrofa, ha firmato una dichiarazione congiunta con Vladimir Putin per dimostrare agli Stati Uniti che “la loro amicizia non ha limiti”. Finora il presidente Xi Jinping, che pare non fosse stato avvertito dall’alleato della scellerata guerra, ha assunto una posizione ambigua.

  

Nella telefonata con il presidente Usa, Joe Biden, non ha condannato apertamente l’azione russa e non ha assicurato che non fornirà armi al partner. Biden gli aveva chiesto una scelta di campo e Xi Jinping ha risposto facendo melina anche se su Limes si legge che “al netto della retorica anti-americana, Pechino ha complessivamente preso le distanze dalle scelte di Mosca”. E questo per tre fattori. Il primo è storico e si lega al rapporto tra governo e popolazione cinese: il collasso della dinastia Qing all’inizio del XX secolo fu dovuta all’invasione della Cina da parte delle potenze straniere tra cui la Russia.

Inoltre il riconoscimento della sovranità delle repubbliche del Donbas potrebbe far riemergere vecchi e nuovi movimenti secessionisti nel Xinjiang, nel Tibet e a Hong Kong e potrebbe alimentare la voglia di Taiwan di ufficializzare l’indipendenza raggiunta di fatto nel 1949.

Il secondo fattore risiede nel calendario politico: Xi ha bisogno di stabilità fino al prossimo autunno quando si svolgerà il XX congresso nazionale del Partito comunista. Il terzo riguarda i rapporti economici con USA e Europa: “Pechino non vuole danneggiare definitivamente il proprio soft power in Occidente. La Belt and road Initiative (Bri, nuove vie della seta) ha subito già molte battute di arresto nel Vecchio continente (…). Se Pechino associasse in maniera indissolubile la propria posizione a quella della Russia potrebbe pregiudicare i suoi affari alle nostre latitudini e con essi la capacità di penetrazione cinese nella sfera d’influenza americana”.

Come sintetizza Cuscito: “L’Occidente conta più della Russia per le tasche della Cina”. Quindi il conflitto con Kiev e il peggioramento dei rapporti tra il Cremlino e l’Europa potrebbe ostacolare lo sviluppo delle rotte terrestri del Bri dirette a ovest. E’ davvero una questione di equilibrio per il gigante asiatico perché i rapporti con il regime di Putin sono ramificati: il 77% delle armi importate dalla Repubblica cinese tra il 2016 e il 2020 sono state fornite dalla Russia che ora potrebbe chiedere di ricambiare il favore; il settore aerospaziale e quello delle telecomunicazioni saranno terreno di partnership e la dichiarazione sino-russa, pur non menzionando direttamente l’Ucraina, ha stabilito che “Cina e Russia si oppongono all’espansione della Nato e all’indipendenza dell’isola di Taiwan, parte inalienabile della Cina”.

Secondo il giornalista di Limes, la Repubblica Popolare cinese non si porrà come protettrice della Russia soprattutto se scadesse a livello di “stato canaglia” per non compromettere lo sviluppo delle vie della seta: “L’ideale per Pechino sarebbe usare l’ascendente che ha su Mosca come leva negoziale con gli Stati Uniti, magari in cambio di un briciolo di sintonia sino-statunitense. (…) La questione è geostrategica, il ritorno di Kiev sotto l’influenza russa non stravolgerebbe gli assetti della Nato, al contrario potrebbe compattarla in funzione antirussa”.

La vera partita si gioca intorno all’isola di Formosa: lì gli USA sono disposti a intervenire militarmente (con inevitabile escalation) per non consentire alla Cina la talassocrazia sul Mare cinese meridionale e non lasciarle un’autostrada libera nell’Oceano Pacifico. “Non è ancora chiaro che forma assumerà il triangolo USA-Russia-Cina a causa della guerra in Ucraina. Ma la Repubblica popolare cinese continuerà a sostenere che l’amicizia con la Russia non ha limiti se non quelli dettati da un interesse strategico cinese” conclude l’articolo. Xi jinping si muove come un funambolo su una fune.