Sull'orlo dell'abisso nucleare. Ma Vladimir Putin continua a bombardare l'Ucraina
C'è stato, ieri notte, un altro tornante della storia in questa tragedia dell'aggressione della Russia all'Ucraina. L'attimo esatto in cui si sfiora il confine con l'imponderabile, e quel che finora appariva finzione, dal Dottor Stranamore di Kubrik agli scenari post atomici alla McCharty, diventa quasi profetico. Le ore in cui per dirla con le parole del Presidente ucraino Zelensky, abbiamo «rischiato la distruzione dell'Europa». Quando colpi d'artiglieria si abbattono sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, nel Sud del Paese, la più grande del Vecchio Continente. Ore di ghiaccio, così come la cronaca che man mano, nel cuore della notte, s' espande per tutta Europa. Si parla di un incendio, di vigili del fuoco che non riescono ad avanzare perché presi di mira dai colpi d'arma da fuoco. E quel che nei giorni scorsi era l'incubo che faceva capolino nel reale, ossia la «guerra nucleare» evocata da Vladimir Putin, si riaffaccia in altra forma, quella di un incidente catastrofico, che sempre secondo Zelensky avrebbe avuto la portata di «dieci Chernobyl».
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Alla fine, però, l'incendio viene domato, non si è esteso ai sei reattori della centrale (poi passata sotto il controllo russo) e l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica comunica che non sono stati rilevati livelli anomali di radiazioni. Ma la sensazione che un nuovo limite sia stato sorpassato è tangibile. È nel brulicare ansiogeno dei tweet. È, per esempio, nel sito di notizie americano «Drudgerport», che lascerà per tutto il giorno, in apertura, un grande logo di pericolo radiazioni. Che al momento, per fortuna, sembrano essere solo quelle della paura. E della giustificata tensione che affiora, ora dopo ora, nella comunità internazionale. In un colloquio con la presidente della commissione Ue Ursula von der Lyen, Zelenski metterà in guardia dal rischio «terrorismo nucleare». L'ambasciata degli stati uniti a Kiev, in un tweet, parla di «crimine di guerra». Con questo attacco, scrivono, Putin «porta il suo regno del terrore un passo più avanti». Il Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi scrive di «attacco scellerato da parte della Russia contro la sicurezza di tutti». Anche Pechino, la cui alleanza con Mosca si fa più tiepida nel corso dei giorni, esprime preoccupazione per quanto accaduto. Un testo piuttosto salomonico del portavoce della loro diplomazia, rivolto a «entrambe le parti» ma comunque indicativo della preoccupazione che si respira a livello globale. In serata, viene convocata una seduta del straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. E si stagliano le due linee.
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L'Occidente si riassume nelle parole dell'ambasciatrice degli Stati Uniti, Greenfield, che denuncia l'«immensa minaccia per l'Europa e il mondo». Dall'altra parte, il rappresentante di Mosca, Nebenzya, liquida come una «bugia» l'accusa mossa alla Russia per quanto accaduto. Allarme contro dissimulazione. E nel frattempo, però, c'è la criticità dello scenario di prospettiva. Il direttore generale dell'Aiea, Rafael Grossi, in una conferenza stampa ha detto di aver trasmesso ai suoi interlocutori russi ed ucraini la volontà di raggiungere il prima possibile il sito nucleare di Chernobyl, da qualche giorno caduto in mani russe e dove si rilevano alcuni problemi tecnici nel monitoraggio dei livelli di radiazioni, per quanto dai dati non emerga nulla di anomalo. «Per estendere l'assistenza dobbiamo essere sul posto e il primo a recarvisi devo essere io», dice. È una nuova era. Ancora.
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