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Spionaggio, Assange può essere estradato in Usa

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Julian Assange può essere estradato negli Stati Uniti per essere processato per spionaggio e rivelazione di documenti segreti di Pentagono, Cia e Nsa. La decisione è dell’Alta corte di Londra, che ha ribaltato la sentenza di un tribunale di grado inferiore secondo cui la salute mentale del giornalista, fondatore di WikiLeaks, non gli consente di reggere le dure condizioni carcerarie statunitensi. Le rassicurazioni date dagli Usa, per l’Alta corte, bastano invece a garantire che l’australiano sia trattato umanamente, aprendo così all’invio della richiesta d’estradizione alla ministra dell’Interno, Priti Patel. Assange negli Usa rischia 175 anni di carcere.

«Non ci sono motivi per credere che gli Usa non abbiamo dato rassicurazioni in buona fede» sulle condizioni carcerarie che imporrebbero ad Assange, ha dichiarato l’Alta corte. Il giornalista di 50 anni, nel frattempo, resta imprigionato dal 2019 del carcere di massima sicurezza di Belmarsh, dopo sette anni rinchiuso come rifugiato politico nell’ambasciata dell’Ecuador, in cui entrò nel 2012 per evitare l’estradizione in Svezia per accusa di stupro (poi archiviata).

 

 

 

 

 

«Combatteremo», ha detto la compagna di Assange, Stella Moris, tra i sostenitori che fuori dal tribunale chiedevano la scarcerazione. Gli avvocati porteranno questo «grave aborto della giustizia» alla Corte suprema, ha aggiunto: «Ogni generazione ha una lotta epica da combattere, questa è la nostra, perché Julian rappresenta le fondamenta del significato di vivere in una società libera». Anche il direttore di WikiLeaks, Kristinn Hrafnsson, ha condannato duramente, sottolineando che in gioco c’è anche la libertà d’espressione e dei media: «La vita di Julian è ancora una volta sotto grave minaccia, così come lo è il diritto dei giornalisti di pubblicare materiale pubblico che governi e aziende ritengono sconveniente. È in ballo il diritto a una stampa libera».

A gennaio, la giudice distrettuale Vanessa Baraitser aveva respinto la richiesta d’estradizione affermando che fosse probabile il suicidio del fondatore di WikiLeaks, nelle dure condizioni carcerarie statunitensi. Gli Usa avevano fatto appello, dichiarando che Assange «non ha un passato di gravi e durature malattie mentali», non sarebbe detenuto nel supercarcere di massima sicurezza e potrebbe scontare la pena nella natia Australia. Per Amnesty International, la decisione dell’Alta corte è una «parodia di giustizia»: «ha scelto di accettare le rassicurazioni profondamente viziate degli Usa», ma «il fatto che questi si siano riservati il diritto di cambiare idea in ogni momento mostra quanto queste valgano».
Sin da quando WikiLeaks aveva iniziato a pubblicare materiale classificato, oltre un decennio fa, Assange era diventato un bersaglio. La procura Usa lo ha accusato di aver illegalmente aiutato l’analista d’intelligence Chelsea Manning a sottrarre cabli riservati e pubblicarli, mettendo delle vite a rischio. Molte organizzazioni in tutto il mondo e personaggi pubblici si sono invece impegnati nella difesa di Assange e del diritto d’informazione, protetto negli Usa dal Primo emendamento della Costituzione.

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