dossier dell'olaf
Truffe su fondi e rimborsi dell'Ue: Italia nel mirino dell'Antifrode per 13 irregolarità
Assegni familiari non dovuti, rimborsi taroccati, finanziamenti illeciti al proprio partito, contributi incassati per attività diverse da quelle previste dai regolamenti dell’Unione europea. C’è stato anche un eurodeputato che ha utilizzato i fondi comunitari per pagare 5 assistenti nei suoi uffici a Bruxelles e stipendiarne altri 33 nel suo Paese. Peraltro le indagini hanno evidenziato come qualcuno di quei presunti collaboratori non si fosse mai occupato del lavoro del parlamentare. Sono tante le irregolarità riscontrate nel 2020 dall’Olaf, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, che indaga sugli illeciti che danneggiano «gli interessi finanziari» dell’Unione, come recita la legge che lo ha istituito, ma valuta anche la congruità delle entrate (essenzialmente i dazi doganali), eventuali conflitti d’interesse o abusi di potere. Sotto la sua lente non ci sono soltanto i rappresentanti eletti nell’assemblea di Strasburgo e i membri della Commissione di Bruxelles, ma anche i dipendenti delle tante istituzioni comunitarie. Oltre alle inchieste, l’Olaf formula «raccomandazioni».
L’Italia è stato il primo Paese per irregolarità riscontrate: tredici, di cui nove concluse con specifiche segnalazioni. A seguire la Bulgaria, l’Ungheria e la Romania con otto casi evidenziati, la Polonia e la Francia con sette, la Serbia e la Slovacchia con sei. In tutto sono state 109.
Molte inchieste dell’Olaf hanno rilevato che alcuni dipendenti della Banca europea per gli investimenti avevano ottenuto indennità scolastiche a cui non avevano diritto. Nell’operazione sono stati coinvolti 45 membri della Bei per pagamenti di oltre un milione e mezzo di euro. In seguito all’indagine, la stessa Bei ha riformato il sistema delle indennità correggendo le incongruenze. Nelle sue raccomandazioni l’Olaf ha chiesto provvedimenti disciplinari o altre misure correttive per 26 membri dello staff e il rinvio a giudizio per tre dipendenti che avevano ingannato l’amministrazione con documenti falsificati. La Banca europea ha recuperato 600mila euro.
Non sono mancati casi di appropriazione indebita di indennità parlamentari. Tutto il Parlamento è finito sotto la lente dell’istituto antifrodi. La sorpresa più grande è stata quella di un deputato che in una sola legislatura ha assegnato compensi a 38 suoi collaboratori, peccato che alcuni non vivessero né lavorassero all’Ue. Uno di questi non aveva mai nemmeno prestato servizio per l’eurodeputato, eppure risultava a stipendio da Strasburgo. Altri due avevano collaborato con il politico ma non sempre a Bruxelles anche se i loro contratti avevano stabilito che la città belga fosse la loro sede esclusiva. A seguito della sua indagine, l’istituto ha emesso una raccomandazione al Parlamento europeo per il recupero degli stipendi della maggior parte di questi presunti assistenti, circa 500mila euro. Un altro parlamentare, invece, è finito nei guai per aver gonfiato il contratto del collaboratore e i rimborsi: gli è stato chiesto di restituire 800mila euro.
Infine l’Olaf ha indagato sulle accuse di gravi comportamenti scorretti di un membro anziano del Comitato economico e sociale (CESE) verso gli altri dipendenti: è stato accusato di molestie. In seguito all’indagine il dirigente è stato rimosso dalle sue funzioni. Sempre nel corso del 2020, è stata scoperta una truffa, organizzata da cinque cittadini italiani, per ottenere i fondi per lo sviluppo dell’agricoltura in Romania: avevano ottenuto 850mila euro ma non avevano speso un solo centesimo per le coltivazioni nell’est Europa. Ma anche la produzione illegale di sigarette, il trasferimento dei rifiuti e l’importazione di biciclette sono stati al centro di specifiche indagini dell’Olaf. Non poteva mancare un’attenzione particolare alla produzione di dispositivi anti-Covid, in molti casi risultati non a norma. Nello specifico, l’ufficio antifrode ha controllato quasi 2 milioni e mezzo di mascherine e più di 3.500 litri di disinfettante, oltre che 31.500 tamponi tarocchi.
Ma pochi giorni fa è finita nella bufera anche la Corte dei conti europea. Un’inchiesta del quotidiano francese Libération ha svelato che alcuni dei suoi ventisette componenti, tra cui il presidente Klaus-Heiner Lehne, avrebbero usufruito di indennità di alloggio non dovute perché non avrebbero risieduto stabilmente in Lussemburgo come invece previsto dai regolamenti dell’Ue. «È falso», s’è difeso in un’audizione in Parlamento il numero uno della Corte dei conti, esponente della Cdu tedesca. Lo scorso settembre è stato invece condannato dalla Corte di giustizia europea, sempre dopo un’indagine dell’Olaf, l’ex membro belga della Corte dei conti Karel Pinxten: aveva usato i fondi dell’Ue per viaggi a Cuba, battute di caccia e l’acquisto di un vigneto in Borgogna.