Afghanistan, i talebani: "Niente vendette, amnistia e alle donne diritti secondo la sharia"
Due giorni dopo aver preso il potere a Kabul, i talebani assicurano al mondo che non cercheranno "vendetta" contro gli oppositori e "perdonano" tutti: non "vogliono nemici interni né esterni" affinché il Paese "non sia più un campo di battaglia". E promettono di garantire "i diritti delle donne nella cornice della sharia", la legge islamica. Gli estremisti islamici siedono per la prima volta in conferenza stampa e il portavoce Zabihullah Mujahid tenta di convincere il mondo e la popolazione afghana che qualcosa è cambiato, che non sono più gli stessi di 20 anni fa. Quelli, cioé, che in nome della sharia imposero un brutale regime di terrore, fatto di divieti e restrizioni, lapidazioni ed esecuzioni pubbliche, annullamento di ogni diritto per bambine e donne.
Nelle stesse ore della conferenza stampa, i ministri degli Esteri dell'Unione europea si riunivano in un Consiglio straordinario per discutere della drammatica situazione. L'alto rappresentante per la Politica estera, Josep Borrell, ha poi dichiarato che "i talebani hanno vinto la guerra, quindi bisogna parlare con loro per impegnarci in un dialogo" con cui "evitare un potenziale disastro migratorio e una crisi umanitaria". Ha espresso nuova preoccupazione "per gli esseri umani, ma in particolare per bambine e donne", definendo "prioritari" i rimpatri di staff europeo, loro famiglie, dei collaboratori afghani e di coloro che siano in pericolo.
Il Consiglio ha chiesto "l'immediata cessazione di ogni violenza, il ripristino di sicurezza e ordine civile, la protezione e il rispetto della vita, della dignità e dei beni civili in tutto". Inoltre: "Una soluzione politica globale e inclusiva e una soluzione duratura del conflitto non dovrebbero essere stabilite con la forza, ma con negoziati significativi basati sulla democrazia", mentre "la protezione e la promozione di tutti i diritti umani, in particolare di donne e ragazze, deve essere parte integrante di questi sforzi e le donne dovrebbero essere sostenute e in grado di contribuire pienamente a questo processo". Intanto, dagli Usa, il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan ha preso la parola per sottolineare che il presidente Joe Biden "si assume la responsabilità di ogni decisione" di Washington.
Di fronte alle promesse e dei talebani, la popolazione afghana resta terrorizzata. Da Kabul arrivano testimonianze di strade deserte e donne nascoste nelle cantine, universitarie che hanno distrutto i titoli di studio nel timore di rischiare la vita, politiche e attiviste che temono la caccia in corso "casa per casa" sulla base di liste nere. Nel disperato tentativo di fuggire dal Paese, migliaia di persone hanno continuato intanto a confluire all'aeroporto, da cui Usa e altri Paesi hanno rimpatriato propri cittadini e alcuni afghani. Dallo scalo sono arrivate drammatiche immagini di una folla di uomini che rincorreva i velivoli in partenza e decine di persone aggrappate agli aerei. Alcuni sono morti dopo essere precipitati, mentre almeno 2 che erano armati sono stati uccisi dai soldati stautunitensi che presidiano la pista. Sette i morti, secondo gli Usa. I voli erano stati bloccati a causa della situazione, ma sono poi ripresi, nonostante i talebani siano poi entrati nella parte civile dello scalo.
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha accusato la leadership afghana di aver fallito, mentre continuano i colloqui tra i talebani e i funzionari del governo, tra cui l'ex presidente Hamid Karzai e l'ex capo del Consiglio di riconciliazione nazionale Abdullah Abdullah. Il focus è su come un governo talebano possa essere costituito e operare, mentre molti Paesi chiedono il rispetto degli impegni presi da Kabul e dei diritti umani, e un esecutivo inclusivo e rappresentativo. A Kabul è arrivato anche il leader talebano, mullah Abdul Ghani Baradar, dal Qatar, segnale che un accordo sarebbe vicino. A complicarlo potrebbe essere però il vice presidente destituito Amrullah Saleh, che su Twitter si è descritto come presidente ad interim "legittimo", dopo la fuga di Ashraf Ghani.
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