"Biden molto diverso da Trump", a Ginevra Putin apre spiraglio Usa-Russia
Al termine dell’incontro con Joe Biden il cui solo svolgimento è stato per Mosca un successo, Vladimir Putin in conferenza stampa fa sfoggio di ottimismo. Le divergenze su tanti temi, dal caso Navalny all’Ucraina, non vengono affatto minimizzate. Il capo del Cremlino preferisce però concentrarsi sui lati positivi, sullo «spirito costruttivo» con il quale le due potenze nucleari hanno avviato il disgelo sui fronti dove la cooperazione è possibile, come la riduzione degli arsenali nucleari e gli attacchi informatici che, al di là delle persistenti accuse reciproche, sia Usa che Russia «hanno interesse a contrastare».
I risultati concreti sono una dichiarazione congiunta sulle armi nucleari e il ritorno alla normalità dei rispettivi contingenti diplomatici, condizione indispensabile perché di disgelo si possa parlare. Tuttavia le prospettive di collaborazione, a cominciare da uno scambio di prigionieri sui quali «si va verso un compromesso», non si esauriscono certo qui, lascia intendere Putin, che spende parole lusinghiere per il suo interlocutore, definito una persona «costruttiva e ragionevole», «equilibrata e di esperienza», un uomo che parla «la stessa lingua, quella dei valori» ed è «molto diverso» dal suo predecessore, Donald Trump.
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Delle famose «linee rosse» evocate da media e analisti, assicura Putin, non si è parlato poi tanto in un vertice che racconta «privo di ostilità», dal quale arriva «una promessa di fiducia e speranza». E anche sull’Ucraina (di cui, spiega, si è però parlato «solo in generale») il dialogo sembra possibile, dal momento che Biden ha «concordato che gli accordi di Minsk devono costituire la base di una soluzione della crisi in Ucraina». Accordi che Putin ha accusato di nuovo Kiev di violare apertamente. A un possibile ingresso dell’Ucraina nella Nato invece si è appena accennato perché, chiarisce Putin, «su questo punto non c’è nulla da discutere».
La conferenza stampa dura più di un’ora e le «ultime domande» promesse diventano una dozzina. Nei mesi scorsi si erano rincorse le tesi più disparate sulla salute del leader russo, che durante la pandemia si era fatto vedere pochissimo tanto da far vociferare che soffrisse di una grave malattia, come il morbo di Parkinson. Davanti ai cronisti appare invece il Putin di sempre. Postura militaresca, sguardo ineffabile e toni pacati, con qualche studiata alterazione nelle repliche alle domande sui temi più controversi, a partire dalla detenzione dell’oppositore, Aleksei Navalny. Putin non lo nomina mai, lo chiama «quest’uomo» o «quel cittadino» e sostiene che si è fatto arrestare apposta, violando coscientemente la libertà vigilata, per farsi arrestare e creare clamore mediatico. Sulla messa al bando della sua organizzazione e di altri enti facenti capo all’opposizione, il presidente russo afferma che non avrebbe potuto fare altro, dal momento che erano state sostenute da una potenza, gli Usa, che aveva definito la Russia un nemico il cui sviluppo andava arrestato. Il capo del Cremlino difende quindi sia la loro definizione come «agenti stranieri» che quella di «organizzazioni estremiste». «Incitavano alla rivolta, esortavano i minori a partecipare alle manifestazioni e raccoglievano i dati personali della polizia», è la frase con cui rintuzza la domanda polemica di una cronista americana, «abbiamo visto cosa è successo in Usa con il movimento Black Lives Matter, cose con le quali simpatizziamo, ma non vogliamo assistere alle stesse scene in Russia».
Non è l’unica accusa dei reporter occidentali che viene respinta al mittente. Biden aveva dato a Putin del "killer" ma chi è il vero killer, si domanda il presidente russo, quando in Usa «chiunque camminando per strada può essere ucciso a colpi d’arma da fuoco» e le operazioni militari all’estero mietono vittime civili? Con ancora maggiore veemenza è rigettato il rimprovero di portare avanti una politica estera «imprevedibile», con Putin che ribatte ricordando l’improvvisa uscita di Washington dal trattato "Open Skies" e «il sanguinoso colpo di Stato in Ucraina sostenuto dagli Usa».
Riguardo le recenti manovre militari al confine con l’Ucraina, Putin ha sottolineato che «gli Stati Uniti fanno esercitazioni militari ai nostri confini ma noi non facciamo esercitazioni militari ai confini Usa». E sui diritti umani, dei quali si è parlato su iniziativa di Biden, Mosca non intende ascoltare lezioni, giacché «ci sono carceri della Cia all’estero dove le persone vengono torturate e la tortura non è rispetto dei diritti umani». Anche a proposito di aggressioni informatiche, Putin non ci sta a essere dipinto come l’uomo nero, anzi, afferma che «la maggior parte dei cyber attacchi arrivano dallo spazio degli Usa e del Canada». L’attacco ransomware alla Colonial Pipeline viene menzionato ma per dimostrare che «Usa e Russia affrontano le stesse minacce» ed è il momento di «abbandonare le insinuazioni» e cercare di risolvere il problema insieme, con una consultazione già in partenza. Perché «la volontà di ridurre le distanze c’è», assicura Putin. Ma «la promessa di speranza» è ambiziosa e avrà bisogno di tempo e lavoro per essere soddisfatta.