L'impeachment per Donald Trump è pronto
A dieci giorni dall’insediamento del presidente eletto Usa Joe Biden alla Casa Bianca, il partito democratico sta discutendo sul destino di Donald Trump, dopo l’assalto dei sostenitori del tycoon al Campidoglio. Il testo per l’impeachment è già pronto ma restano i dubbi sulle tempistiche. Per evitare che la discussione al Senato sulla messa in stato d’accusa rallenti il lavoro dell’amministrazione Biden, ha preso corpo l’ipotesi di inviare il testo alla Camera alta solo dopo i primi 100 giorni del nuovo governo. Secondo la Cnn il presidente eletto, che ufficialmente non si è espresso a favore della rimozione di Trump, starebbe infatti lavorando dietro le quinte insieme ai suoi collaboratori e alla speaker della Camera, Nancy Pelosi, per trovare una soluzione che permetta di sanzionare il tycoon senza ostacolare la sua agenda.
Il capogruppo della maggioranza della Camera James Clyburn ha spiegato che i rappresentati potrebbero votare l’impeachment già martedì o mercoledì, e ritardare poi la consegna del testo al Senato. Tra i dem prevale comunque l’idea di dover agire contro Trump, nonostante la Casa Bianca abbia avvertito che la procedura potrebbe portare a un rafforzamento delle divisioni nel Paese. «È essenziale che coloro che hanno perpetrato l’assalto alla nostra democrazia siano ritenuti responsabili», ha scritto Pelosi in una lettera indirizzata ai colleghi, «Deve esserci il riconoscimento che questa profanazione è stata istigata dal presidente». «Tra 10 giorni, andremo avanti e ricostruiremo - insieme», ha scritto su Twitter il presidente eletto Biden inviando un messaggio di unità.
Intanto continuano le divisioni interne nel partito repubblicano. Secondo i media il vicepresidente Mike Pence non ha escluso il ricorso al 25esimo emendamento per rimuovere Trump, qualora il magnate dovesse dare segni di maggiore instabilità. Dal canto suo il presidente uscente si è detto sicuro che il suo fedele alleato e i membri del gabinetto non oseranno tradirlo. Ma con Pence i rapporti si sono notevolmente raffreddati dopo l’assalto al Campidoglio e il rifiuto del vicepresidente di sovvertire il voto espresso dal Collegio elettorale che ha assegnato la vittoria a Biden. Non solo, il vice, secondo i media statunitensi, ha deciso di partecipare all’Inauguration Day del dem. Un’ennesima rottura con Trump che nei giorni scorsi ha annunciato che non avrebbe partecipato all’insediamento del rivale. Nelle fila del Grand Old Party continuano ad aumentare le voci critiche contro il magnate. Dopo la senatrice dell’Alaska Lisa Murkowski, anche il senatore della Pennsylvania Pat Toomey ha chiesto le dimissioni di Trump, definendole la cosa migliore per il Paese. Secondo Toomey il presidente ha commesso reati da impeachment ma non ha detto esplicitamente se, nel caso, voterà a favore della messa in stato d’accusa.
In questo difficile clima, proseguono le polemiche sulla gestione della sicurezza di Capitol Hill e le indagini interne della polizia per verificare se al corteo abbiano partecipato anche degli agenti. Un poliziotto, identificato come Howard Liebengood, a cui era stato dato il compito di proteggere il Senato, è morto fuori servizio, a quattro giorni dall’assalto al Congresso. Per ora non si conoscono le circostanze della morte né se questa sia collegata ai disordini.
Sulla crisi americana interviene anche Papa Francesco. Le immagini dell’assalto dei sostenitori di Trump al Campidoglio di Washington hanno turbato tutto il mondo, anche Bergoglio, che in occasione dell’Angelus rivolge «un saluto affettuoso al popolo degli Stati Uniti d’America, scosso dal recente assedio al Congresso, prego per coloro che hanno perso la vita, cinque, l’hanno persa in quei drammatici momenti». Bergoglio ribadisce che «la violenza è autodistruttiva sempre. Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde», e soprattutto ha esortato «le autorità dello Stato e l’intera popolazione a mantenere un alto senso di responsabilità, al fine di rasserenare gli animi, promuovere la riconciliazione nazionale e tutelare i valori democratici radicati nella società americana». Il Pontefice invita a tenere viva «la cultura dell’incontro, la cultura della cura come via maestra per costruire insieme il bene comune». Un monito che potrebbe essere raccolto da Joe Biden, che a novembre aveva avuto un colloquio telefonico con Francesco nel corso del quale il Papa si era congratulato per l’elezione, mentre il futuro presidente aveva espresso il «desiderio di lavorare insieme».