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New York Times, sul coronavirus non esiste il modello italiano

Massimiliano Lenzi
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Ma quale modello italiano per affrontare il coronavirus. I modelli, fuor dalle retoriche e dall'affetto che possiamo nutrire per la nostra cara Italia, sono tre. Quello cinese, comunista e illiberale. Quello svedese e quello tedesco. Punto. Per chi avesse dei dubbi sull'orgoglio sanitario italiano che in troppi sbandierano contro il coronavirus, un modello con poche terapie intensive e con gli ospedali, all'inizio dell'epidemia, travolti da un super afflusso, dovrebbe sbirciare la prima pagina di ieri dell'edizione internazionale del “The New York Times”, quotidiano che di certo preferiamo al “Běijīng rìbào”, il quotidiano ufficiale del Partito comunista di Pechino. E cosa ha scritto ieri il “New York Times”? In prima pagina ha messo in stampa due editoriali, uno sulla colonna di sinistra e l'altro sulla colonna di destra. Il primo era intitolato “Coronavirus and the myth of Sweden”, il coronavirus ed il mito della Svezia (che ha scelto una via - lo ricordiamo - radicalmente opposta a quella italiana). Con tanto di sommarietto a spiegazione: “L'approccio svedese alla pandemia è seduttivo. Ma il mondo non lo segue”. Un commento anche critico ma che sancisce una certezza, quello svedese può essere considerato un modello. Con pregi e difetti. Nell'altro editoriale, sulla colonna di destra, il quotidiano americano si è invece dedicato alla Germania ed alla sua politica per contenere l'epidemia. Titolo: “Germany offers hope for a form of normal”. La Germania offre una speranza per un modello di normalità. E ancora: “Quando  cadono le infezioni, la Merkel ha ragione di aprirsi con un po' di audacia”. Tre vie per affrontare l'epidemia, quella cinese (autoritaria) e quelle svedese e tedesca (due democrazie moderne). Poi c'è la politica scelta dell'Italia, bocciata ieri con parole inequivocabili del genetista Edoardo Boncinelli (che ha bocciato pure la eccessiva loquacità e voglia di apparire sui media di molti virologi del nostro Belpaese): “Una miriade di virologi è apparsa - ha scritto Boncinelli - come nuove star, presenziando a quasi tutti i programmi televisivi, da quelli di informazione a quelli di intrattenimento. (..) E la politica invece di accogliere i limiti della scienza e di impedire, attraverso adeguate politiche di investimento nella ricerca sul lungo termine, che si arrivi al punto di brancolare nel buio, non fa altro che amplificare e consolidare ancora di più l'erronea concezione di una scienza quale dogma dell'infallibilità. ‘Pretendiamo chiarezza altrimenti non c'è scienza', ha dichiarato il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia, ‘noi politici ci prendiamo la responsabilità di decidere ma gli scienziati devono metterci in condizione di farlo'”. Ma se la scienza non ha certezze sul coronavirus, come fa ad essere chiara? Non può, per cui l'unica certezza della scelta politica italiana per combattere la pandemia diventa il modello cinese: gli italiani chiusi in casa. E se escono devono farlo per un giustificato motivo. Altro che modello italiano. Questo è il modello pechinese (e non c'entrano i cagnolini).

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