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Olanda, chi è Mark Rutte il taccagno che sogna l'Italia in mutande

Giovanni Masotti
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Lungagnone e goffo, una risata che assomiglia di più a un ghigno, l'abitudine a stringere gli occhi dietro le lenti da miope senza montatura. No, non è uno quello che definiremmo un simpaticone l'uomo che detiene ormai a buon diritto la palma di peggior nemico degli italiani, il castigatore della solidarietà e il can guardiano del rigore dei bilanci europei, l'illuminato statista che ha discettato con sprezzo su noialtri sudisti proclamando che è meglio regalarci pochi soldi piuttosto che prestarcene tanti (nel senso, ovviamente, che - a suo avviso - non li restituiremmo mai). Eppure, di riffa o di raffa e cambiando disinvoltamente per tre volte i partners di governo, il 53enne Mark Rutte - premier dallo sfortunato e cacofonico cognome - regge le sorti e determina le vite di sette milioni di paffuti olandesi, e dei loro tulipani, dalla bellezza di un decennio. Secondo leader europeo per longevità dietro la sua amicona Angela Merkel, che - nell'attuale disfida con Roma, Madrid e Parigi sugli aiuti (negati) per la crisi da Coronavirus - lo ha mandato avanti come ringhioso battistrada. A forza di abbaiare i suoi perentori divieti, il nostro Rutte è diventato il capo indiscusso dei magnanimi «frugal four» (Paesi Bassi appunto, Austria, Finlandia e Danimarca), un ruolo che calza a pennello per questo liberale ultraliberista specializzato nei tagli al welfare e nell'impulso alla scuola d'elite nel suo paese e nel diniego di ogni condivisione di peso e di responsabilità quando si tratti, in seno alla UE, di lanciare un'iniziativa finanziaria comune per pompare liquidità nelle casse di Stati membri sofferenti, come accade adesso con gli Eurobond (affondati) o con il Recovery Fund (rinviato alle calende greche). Del resto, frugale - o meglio, tirchio e col braccino corto - l'austero Mark lo è sempre stato anche nella vita privata, non solo nella sua predicazione politica nel Vvd (il Partito del Popolo per la Libertà e la Democrazia) e nel litigioso esecutivo dell'Aia. Basti pensare che fino al 2017, ai tempi del suo secondo mandato, viveva ancora nella casa senza lussi e fronzoli che aveva sentito risuonare i suoi primi vagiti e guidava con gusto (quando non era forzatamente adagiato nell'auto blu del potere) una sconquassata ma amatissima Saab di seconda mano. Raccontano alcuni conoscenti di vecchia data che il suo più grande svago è stato a lungo quello di andare regolarmente a cena una volta alla settimana in un ristorante indonesiano a buon mercato con l'anziana mamma, da cui sembra ricevesse imperdibili dritte e saggi consigli. Non si annoiava mica lo scapolone, e single, Rutte con la genitrice. Macché... A tavola lui e lei si perdevano in aeree disquisizioni su arte, storia e musica. Già... Avreste mai immaginato che un cuore così duro avesse covato il desiderio di spendere la sua esistenza di fronte alla tastiera di un pianoforte e rimpiangesse ancora, di tanto in tanto, di non aver seguito quel suo istinto gentile cedendo alle maligne sirene dell'ambizione? Deve avere una personalità doppia, l'amico del giaguaro Rutte. Com'è possibile nutrirsi l'anima di tali delicati ristori e poi non battere ciglio di fronte alle inumane parole del suo giornalista preferito e, pare, intimo confidente? Il signor Jort Kelder ha pensato bene - davanti al dramma del Covid 19 - di esporre la sua benedicente ricetta: «Salvare gli ottantenni obesi che fumano? Molto più importante preoccuparsi dell'economia!». Davvero carina l'annotazione del sodale di Rutte... Certo, il premier non era tenuto a dissociarsi dalla farneticazione di costui, non è mica un ministro del suo governo... Ma almeno, in privato, gliene avrà dette quattro? Sarà rabbrividito anche lui? Mi sorge qualche dubbio in merito. Mi passa nella mente il refrain di Rutte che ridacchia sardonico e non riesco a liberarmi di questa immagine molesta.

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