in viaggio con i volontari
Chernobyl 34 anni dopo. Radinka, vivere a 300 metri dal deserto nucleare
A Radinka, piccolo villaggio ucraino della provincia di Ivankiv (regione del Kijv) , lo ‘spettro’ di Chernobyl aleggia – e segna ancora - la vita, la quotidianità e la salute dei suoi 1.200 abitanti che, nonostante i livelli proibitivi di radioattività ambientale (conseguenti all’incidente nucleare del 26 aprile 1986), ‘resistono’ nelle loro terre, abitando a neanche 300 metri dalla terza zona di esclusione di Chernobyl. A distanza di tempo infatti la contaminazione umana deriva dalla presenza di radionuclidi nel terreno che, attraverso le coltivazioni e gli animali, entrano pericolosamente nella catena alimentare. Da quel maledetto giorno l’economia locale ha avuto notevoli contraccolpi causando non solo la chiusura di tutte le fattorie collettive presenti sul territorio ma anche l’abbattimento di migliaia di capi di bestiame. Tutto questo ha creato una ‘desertificazione umana’, sociale e culturale ai limiti della desolazione associata a povertà, derive sociali come l’alcolismo ad esempio. Da questo è nata comunque una microeconomia di sussistenza familiare (orti,allevamento di animali da cortile e coltivazioni in proprio). Tutto ciò ha però innescato – attraverso i cibi coltivati e poi assunti – un meccanismo di contaminazione corporeo, pericoloso non solo per l’entità dei Becquerels (unità di misura del sistema internazionale dell’attività radionuclide e definita come l’attività di un radionuclide che ha un decadimento al secondo), presenti in ogni singolo alimento, ma per la costanza e durata della contaminazione che rendono nel tempo, ancora più letale, l’incorporazione di dosi di radiazioni che, seppur basse, essendo costantemente assunte nel tempo creano a lungo raggio gravi danni alla salute soprattutto di anziani e bambini. Tutto questo rende Radinka un paradosso sociale, umano e ambientale che solo chi vive il territorio e la sua gente da vicino, condividendo tutto – radiazioni comprese – può comprendere. E’ quello che fin dalla sua nascita ( 17 settembre 200) fa MIC - Mondo in Cammino, l’Organizzazione di Volontariato per la solidarietà che da sempre rivolge l’attenzione a vari ambiti d’intervento oltre quelli rivolti nelle aree post sovietiche. Le esperienze sviluppate in quell’area hanno evidenziato tematiche ben più generali sulle quali e per cui intervenire: i diritti umani, la nonviolenza, una solidarietà a 360 gradi, la cultura e la democrazia dell’informazione, l’etica del futuro per lasciare in eredità un mondo no-nuke e di pace. Non solo tematiche, ma anche regioni del mondo diverse, Italia compresa, con due principi guida: la necessaria presenza territoriale dei volontari in ogni intervento e la capacità e volontà di coniugare sempre la solidarietà con la giustizia sociale e la tutela dei diritti umani. Questo sguardo d’insieme nasce dai due progetti principali dell’Organizzazione: Progetto Humus e Progetto Kavkas. Il primo è rivolto alla popolazioni della Bielorussia, Russia, Ucraina colpite dalla conseguenze dell’incidente nucleare di Chernobyl mediante iniziative di accoglienza cooperante e di interventi locali di radioprotezione in campo didattico, preventivo, sociale, scolastico, sanitario ed agricolo. Il secondo è rivolto alle popolazioni del Caucaso del Nord (soprattutto Ossezia/Alania, Inguscezia e Cecenia allo scopo di mettere in atto azioni di “confidence building” e di attuare strategie per la pacificazione interetnica ed interreligiosa nel Caucaso del Nord. In Italia, oltre altre a numerose iniziative di collaborazione con enti, associazioni, mass media ed autori in campo fotografico e letterario, MIC, svolge una funzione primaria nella sensibilizzazione, divulgazione e sviluppo della filosofia della solidarietà e del volontariato, al di là del proprio specifico ambito d’intervento. Ora l’intervento dell’associazione è focalizzata proprio su Radinka, nell’indifferenza assordante delle istituzioni locali, grazie a Mondo in Cammino esiste un unico edifici con funzione pubblica e sociale: la scuola. Qui 150 scolari della scuola dell’obbligo studiano, compresa la scuola materna. La scuola è polo di riferimento per villaggi più piccoli confinanti con Radinka e con realtà che – data la situazione delle strade e i mezzi di locomozione a disposizione - prevedono anche un’ora di viaggio per raggiungerla. Da sapere e soprattutto sottolineare come le autorità governative alla fine dell’anno scolastico 2014/2015 (impegnate a deviare verso la guerra del Donbass le poche risorse di una nazione sul ciglio del colasso), hanno deliberato la declassificazione della provincia di Ivankiv, attestandola da zona quattro di esclusione a zona “pulita”. “Una decisione puramente amministrativa e non tecnico/scientifica, con il solo scopo di non riconoscere più gli indennizzi, ovvero le compensazioni economiche e sociali, alle popolazioni di Chernobyl, con un notevole risparmio per le casse erariali. La conseguenza pratica per Radinka, sul piano sociale, è stata la soppressione della mensa scolastica e la chiusura dei tubi del gas per il riscaldamento della scuola” dichiara Massimo Bonfatti presidente della onlus Mondo in Cammino che da sempre si batte per ripristinare un minimo di umanità e socialità nel villaggio. Inoltre c’è un altro aspetto importante e pericoloso da denunciare. La chiusura dei tubi del gas ha generato un altro problema di contaminazione area, come ci fa notare Bonfanti: “Per quest’ultimo aspetto, la scuola – con mezzi propri – ha provveduto alla costruzione di una caldaia in cui viene bruciato legno radioattivo raccolto nelle circostanti foreste contaminate, dando così luogo ad un pericoloso ri-fallout radioattivo locale. La nostra organizzazione di volontariato MIC inoltre ha finanziato la riapertura della mensa scolastica, sostenendo tutte le spese per il suo funzionamento. Un pasto medio per bambino – tenendo conto dell’acquisto degli alimenti, della loro preparazione e distribuzione e delle spese correlate, quali elettricità, materiali di consumo, salario delle cuoche e oneri di contabilità - costa sui 60 centesimi di euro al giorno. Gli alimenti somministrati sono “controllati” e provenienti da zone “pulite” dell’Ucraina.”