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Trump non ha paura dell'impeachment. E chiede il processo al Senato

Carlo Antini
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Trump continua a far parlare di sé e dell'ipotesi impeachment. E lo fa dagli schermi tv. «Voglio un processo» completo al Senato, se la Camera deciderà per l'impeachment, e voglio che l'informatore e il presidente della Commissione intelligence della Camera Adam Schiff che guida le indagini testimonino. Sono alcuni passaggi dell'intervista/intervento del presidente degli Stati Uniti Donald Trump a Fox & Friends, trasmissione sul canale a lui "amico" Fox, in cui è tornato ad accusare e criticare i dem, non lesinando gli insulti nei loro confronti. Shiff «matto da legare», l'ha definito, mentre la speaker della Camera Nancy Pelosi è stata descritta come «pazza» e l'ex vice presidente Joe Biden come mentalmente «inesistente». La sua dichiarazione fiume arriva dopo una maratona di audizioni pubbliche al Congresso, incentrate sulla questione ucraina: Trump ha esercitato abuso di potere trattenendo aiuti militari a Kiev, nel ricatto di sbloccarli solo in cambio di indagini su Biden che gli creassero vantaggio politico negli Usa? Lo scenario ora è di una probabile messa in stato d'accusa del tycoon, ma di una destituzione assai poco probabile. Oltre a lui, solo tre presidenti degli Stati Uniti sono stati oggetto di una procedura in vista di destituzione, e nessuno di loro lo è poi stato. Saranno le testimonianze rilasciate al Congresso a fare da base alle prossime tappe, mentre la Casa Bianca ha rifiutato di collaborare. Quando la Camera controllata dai Dem voterà sull'impeachment, probabilmente ancora quest'anno, è probabile che dirà sì. Diverso lo scenario al Senato, che affronterà la questione probabilmente poco prima delle prime primarie democratiche, il 3 febbraio in Iowa. Tutto ciò mentre si avvicinano le elezioni del 2020. Intanto, nell'intervista a Fox, Trump si è scagliato anche contro la ex ambasciatrice in Ucraina Marie Yovanovitch, che ha testimoniato al Congresso dicendo di essere stata rimossa per «false accuse» da persone con «dubbie motivazioni». Trump non è entrato nel merito, limitandosi ad affermare che la diplomatica avesse rifiutato di appendere il suo ritratto nell'ambasciata a Kiev. «Quest'ambasciatrice, che tutti dicono sia così meravigliosa, non voleva appendere il mio ritratto nell'ambasciata», ha detto Trump, «diceva cose brutte su di me, non mi difendeva, e io ho il diritto di cambiare un'ambasciatrice». Il magnate si era già scagliato contro di lei mentre la diplomatica stava testimoniando davanti alla commissione Intelligence, in un tweet che era stato letto dai Dem e da lei stessa come «intimidazione». Difesa sperticata invece del suo legale personale Rudy Giuliani, «grande combattente del crimine» e «figura leggendaria». Nella telefonata con Fox, Trump ha poi espresso la teoria secondo cui non sarebbe stata la Russia a interferire nelle presidenziali del 2016, ma l'Ucraina. Scenario che la ex componente del Consiglio di sicurezza nazionale Fiona Hill, che ha testimoniato al Congresso, ha sminuito come «narrazione da fiction». Tra le audizioni chiave, quella di Gordon Sondland, ambasciatore degli Usa all'Unione europea. Trump ne ha parlato come di «totale insensatezza», ma per il procuratore Nick Akerman, che indagò sul caso Watergate ed è stato intervistato da Newsweek, la sua testimonianza è stata invece il «punto di svolta».

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