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L'Italia non venderà più armi alla Turchia

Dopo Olanda, Germania e Francia il resto dell'Unione si allinea

Francesca Musacchio
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L'Italia bloccherà l'export di armi verso la Turchia e l'Europa si impegna a seguire la stessa linea. Ma il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ben lontano dall'idea di tornare sui suoi passi, rilancia: «Le sanzioni contro di noi non ci fermeranno». La situazione in Siria, dopo la decisione del Sultano di attaccare i curdi, è ormai diventata incandescente. Ma la Turchia sfida gli alleati della Nato definendoli «ipocriti. «Sono 40 anni che combattiamo contro il terrorismo di matrice separatista curda, e ancora vediamo Paesi che dovrebbero essere alleati e amici applicare nei nostri confronti un doppio standard nella lotta al terrorismo - attacca Erdogan - Stessa cosa é avvenuta con questo intervento in Siria, ma stavolta non ci siamo fatti fermare, mentre in passato siamo rimasti bloccati dai giochi di chi consideravamo alleati. Con la scusa della lotta all'Isis hanno inviato 30 mila Tir di armi verso organizzazioni terroristiche, sotto gli occhi di tutto il mondo. Le foto le hanno viste tutti». E anche alla Lega Araba il Sultano non risparmia critiche pesanti: «I nostri fratelli siriani sono fuggiti dai bombardamenti in Siria e la Turchia si è presa cura di loro, come fossero nostri fratelli. Dalla Lega Araba non abbiamo avuto nessun sostegno, eppure si parla di 3,6 milioni di arabi. Se lo ricordano che non hanno dato un centesimo? Se lo ricordano che non ci hanno allungato neanche una mano in segno di sostegno? Ora minacciano di prendere decisioni nei nostri confronti. Sono curioso di vedere di che tipo di decisioni si tratta», ha dichiarato ancora il presidente turco, che poi ha detto di voler soddisfare «il desiderio di una patria» dei siriani. E mentre prosegue lo scambio di minacce e accuse, la situazione sul terreno diventa sempre più pericolosa per i civili e per la fuga di foreign fighters detenuti dai curdi. La Turchia ha deciso di estendere la «safe zone» fino a Kobane e alla città di Manbij, controllata dai curdi di Ypg, situata a ovest del fiume Eufrate, sostenendo che la Russia non avrebbe sollevato obiezioni a riguardo. Ma non solo. Il ministero della Difesa turco ha annunciato che due capoluoghi, Tel Abyad e Ras al Ayn, nonché un grande centro, Suluk, e 56 villaggi sono stati «liberati dai terroristi» delle milizie curde Ypg, contro cui é diretta l'offensiva «Fonte di pace». Intanto, mentre non si ferma la fuga dei civili (secondo l'Oms, sono ormai 200 mila gli sfollati), l'esercito siriano è arrivato al confine con la Turchia. Ma neanche questo sembra fermare Erdogan che ostenta sicurezza, forte del presunto appoggio della Russia. E da Mosca fanno sapere che sarebbe meglio evitare azioni che possano interferire con la soluzione politica. Dmitrij Peskov, portavoce del presidente russo, ha parlato di «contatti» che «ci sono stati» e di «alcuni accordi» che «hanno avuto luogo», ma non ha voluto aggiungere dettagli sui negoziati tra Damasco e i curdi che si sarebbero svolti in una base russa in Siria. Nel frattempo, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, punta il dito contro i curdi che, ha detto, «potrebbero rilasciare alcuni (jihadisti) per coinvolgerci». Ma questi, ha aggiunto, potrebbero essere «facilmente ricatturati dalla Turchia o dalle nazioni europee da dove molti di loro vengono, ma bisogna fare in fretta». Neanche la posizione degli Usa rispetto alla situazione in Siria, dunque, sembra mutare. Anzi, Trump difende la scelta del ritiro dei soldati sottolineando che «non entreremo in un'altra guerra tra persone che si combattono da oltre 200 anni». Poi l'attacco all'Europa, che secondo il presidente Usa avrebbe avuto «la possibilità di prendere i suoi prigionieri dell'Isis, ma non ne voleva sostenere i costi. "Lasciate che paghino gli Usa", dicevano. La gente pensa veramente che dovremo andare in guerra contro la Turchia, un membro della Nato? Le guerre interminabili finiranno", ha concluso. Ma la guerra iniziata da Erdogan, con l'avallo degli Stati Uniti, potrebbe trascinarsi a lungo. Le condanne arrivano da più parti, anche dal mondo del calcio. Forti polemiche hanno preceduto il fischio d'inizio del match tra Francia e Turchia valido per le qualificazioni agli europei. Mentre avanza la richiesta di spostare la finale di Champions League da Istanbul.

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