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Haftar non si ferma, infuria la battaglia alle porte di Tripoli

Davide Di Santo
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È battaglia alle porte di Tripoli. Le forze del generale Khalifa Haftar sono entrate nell'aeroporto internazionale di Tripoli, quello a circa 25 km in linea d'aria dal centro della città e chiuso dal 2014. Lo riferiscono tweet dell'emittente Al Arabiya citando proprie fonti e un annuncio del portavoce dell'Esercito nazionale libico, Ahmed Mismari, secondo il quale "la zona da Tarhouna fino all'aeroporto è  stata tutta messa in sicurezza".  Il fronte diplomatico tuttavia non si arrende all'idea di una nuova guerra in Libia. Il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, si è recato a Bengasi dove ha incontrato il 75enne uomo forte della Cirenaica per ricordargli ancora una volta che «non può esserci una soluzione militare al conflitto in Libia». È ripartito lanciato un appello a a «evitare uno scontro sanguinoso in e attorno Tripoli»; ha poi lasciato il Paese e non ha nascosto di essere «molto preoccupato». Il portavoce dell'Esercito della Cirenaica qualche ora prima aveva annunciato la ripresa dell'avanzata. «Non ci fermeremo fino a quando non avremo conquistato Tripoli», ha rivendicato Ahmed al-Mismari. In risposta, il governo di al Serraj ha messo in campo tutte le forze per contrastare l'invasione. Secondo quanto scrivono alcuni media libici però già emergono i primi ammutinamenti tre le file di chi dovrebbe difendere la capitale. Almeno due piloti hanno rifiutato di obbedire all'ordine del ministro dell'Interno, Fathi Bashaga, di bombardare i blindati incolonnati verso Tripoli. Nel frattempo la comunità internazionale, dall'Ue all'Onu, si mobilita nel tentativo di evitare l'ennesimo bagno di sangue nel Paese che non vede una pace duratura dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi nel 2011. Il ministro degli Esteri italiano, Enzo Moavero, impegnato oggi e domani in Francia alla riunione dei ministri degli Esteri del G7, ha chiesto «una posizione comune» per evitare un'escalation e favorire «un'evoluzione pacifica e costruttiva in armonia con gli sforzi dell'Onu». Il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, vede «rischio di una nuova crisi migratoria». Su richiesta della Gran Bretagna, si riunisce stasera, alle 21 ora italiana, il Consiglio di sicurezza dell'Onu. Una decisione non piaciuta al braccio destro di Haftar, al-Mismari, che ha accusato Londra di «sostenere i terroristi». La Russia ha chiesto di evitare «un nuovo bagno di sangue»: «Da noi nessun sostegno all'offensiva di Haftar», ha assicurato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Ciò che è certo finora è che il processo politico per l'unificazione del Paese e per andare ad elezioni è stato accantonato. La conferenza popolare in programma per il 14-16 aprile a Ghadames, nel sud-ovest del Paese, probabilmente è già saltata. Così i ministri degli Esteri di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e l'Alto Rappresentante dell'Unione Europea, riuniti (a Saint Malo e Dinard) il 5 aprile, hanno espreso «la più profonda preoccupazione per le operazioni militari in corso nei pressi di Tripoli, in Libia. Esortiamo tutte le parti coinvolte ad interrompere immediatamente ogni azione militare e ogni ulteriore movimento verso Tripoli, che stanno compromettendo le prospettive del processo politico guidato dalle Nazioni Unite, rischiando di mettere in pericolo la popolazione civile e di prolungare le sofferenze del popolo libico». È quanto si legge in una nota congiunta. «Siamo fermamente convinti che non vi sia soluzione militare al conflitto libico - proseguono i ministri - Ci opponiamo con forza a qualsiasi azione militare in Libia. Ogni attore o fazione libica che contribuisca ad aggravare ulteriormente il conflitto civile, fa del male a persone innocenti e impedisce il cammino verso la pace che il popolo libico merita». «Assistiamo con grande preoccupazione all'involuzione della situazione in Libia, che rischia di tramutarsi in una crisi molto grave con conseguenze drammatiche sulle due sponde del Mediterraneo. Un nuovo conflitto causerebbe nuove perdite di vite umane e distruzione in un Paese già stremato da quasi un decennio di guerre. E' quindi necessario che l'Unione europea intervenga facendosi carico di un problema geopolitico di portata continentale per contribuire all'individuazione e al raggiungimento di una soluzione pacifica e democratica per la Libia». Lo afferma in una nota Silvio Berlusconi. «Come nel 2011, quando cercammo di opporci all'iniziativa francese, riteniamo che un intervento armato debba essere evitato ad ogni costo. Senza elezioni libere e democratiche, senza uno Stato di diritto, la Libia sarà -conclude l'ex premier- sempre un pericolo per la stabilità del Mediterraneo che è il confine meridionale dell'Europa».

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