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Brexit, chiesto il rinvio di tre mesi. Ora la parola passa alla Ue

La Camera dei Comuni ha approvato la mozione del governo May

Carlo Antini
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Il rinvio della Brexit sembra più vicino, ma l'ultima parola spetta all'Ue. La Camera dei Comuni ha approvato la mozione del governo di Theresa May che prevede di chiedere un rinvio breve della Brexit, cioè fino al 30 giugno, se i deputati riusciranno ad approvare un accordo di ritiro entro mercoledì prossimo, 20 marzo. In tempo per il Consiglio europeo previsto per 21 e 22 marzo, dal momento che la richiesta di far slittare la data di divorzio va approvata dall'Ue. In assenza di un via libera del Parlamento all'accordo, invece, il rinvio sarebbe più lungo e il Regno Unito potrebbe dover partecipare alle elezioni europee che si terranno dal 23 al 26 maggio. Con il sì al rinvio - con 412 voti a favore e 202 contrari - Theresa May tira un piccolo respiro di sollievo. È giunto, infatti, dopo una serie di sconfitte incassate in Parlamento, che da gennaio ha bocciato due volte il suo piano di accordo raggiunto con Bruxelles. Ma nonostante questo la strada è ancora in salita. La data del divorzio, attualmente fissata al 29 marzo, è legalmente vincolante: Londra può chiedere all'Ue un'estensione dell'articolo 50, ma ottenere il rinvio non è scontato. La Commissione Ue lo ha chiarito anche subito dopo il voto, tramite un portavoce: «Una richiesta di estensione dell'articolo 50 richiede l'accordo unanime di tutti i 27 Stati membri. Starà al Consiglio europeo prendere in considerazione una richiesta del genere, dando priorità alla necessità di garantire il funzionamento delle istituzioni Ue e tenendo conto delle ragioni e della durata di una possibile estensione». Le prossime date cruciali, dunque, saranno il terzo voto in Parlamento sull'accordo al più tardi il 20 marzo e il Consiglio europeo in programma per 21 e 22 marzo. «Nelle mie consultazioni in vista del Consiglio europeo, farò appello ai 27 per aprire a una estensione lunga se il Regno Unito trova necessario ripensare la sua strategia sulla Brexit e costruirvi intorno consenso», aveva twittato in mattinata il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk. La Camera dei Comuni intanto ha respinto massicciamente l'ipotesi di un secondo referendum sulla Brexit, dopo quello di giugno 2016 in cui i britannici votarono per il "Leave". È stato bocciato con 334 voti contro 85 un emendamento che chiedeva alla premier Theresa May di estendere l'articolo 50, quindi rinviare il divorzio dall'Ue, al fine di tenere un secondo referendum sulla Brexit. La sua bocciatura si spiega da una parte con un ampio rifiuto in campo conservatore e dall'altra con l'astensione di numerosi laburisti. Secondo il Guardian, la direzione del Labour aveva dato istruzioni di non votare a favore seguendo i consigli dell'organizzazione Peoplès Vote, che milita per un nuovo referendum ma che stima che non sia ancora il momento per spingere questa opzione in Parlamento. Intanto da oltreoceano si fa sentire in merito Donald Trump: dopo essersi detto impaziente di negoziare un «accordo commerciale su larga scala con il Regno Unito» dal «potenziale illimitato», Trump ha attaccato May e la gestione dei negoziati sulla Brexit. «Penso che si sarebbe potuto negoziare in modo diverso francamente», ha detto il tycoon. «Ho dato alla prima ministra (Theresa May ndr.) le mie idee sul modo di negoziare. Penso che questo avrebbe funzionato. Non mi ha ascoltato, non è un problema», ha concluso.

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