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In rivolta contro le elite, perché dobbiamo dire: "Je suis gilet"

Cosa c'è dietro le pettorine catarifrangenti simbolo della manifestazione contro gli aumenti di benzina e multe

Massimiliano Lenzi
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E se i gilet gialli fossimo noi? Ovvero quel popolo di tartassati a prescindere, come avrebbe detto Totò, a cominciare dai balzelli sull'automobile. Nella Francia di Macron che - assieme alla tedesca Angela (poco) Merkel (molto) - vorrebbe insegnare agli italiani come si fanno le manovre economiche (in nome non del popolo italiano ma dei parametri Ue), si è assistito ieri ad una manifestazione popolare contro i rincari sulle auto (benzina e tasse) che, purtroppo, ha avuto pure alcuni esiti drammatici. Un morto, centinaia di feriti, di cui tre gravi, scontri e lancio di lacrimogeni a pochi passi dall'Eliseo, il blocco dei mezzi pesanti nel traforo del Monte Bianco. Nella capitale francese, Parigi, la mobilitazione, convocata sui social dal movimento dei «gilet gialli» per protestare contro il caro benzina, è arrivata persino ad un centinaio di metri dal palazzo presidenziale dell'Eliseo dove è stata respinta dalla polizia in assetto antisommossa. Oltre la cronaca, quello che colpisce della ribellione francese dei gilet gialli contro il caro benzina, è soprattutto il cortocircuito tra centro e periferia, tra élite e popolo, tra esattori e tassati. Le politiche di Macron, sino a qualche tempo fa considerato dall'establishment europeo una novità politica da esempio per tutto il Vecchio Continente, si stanno rivelando impopolari. Basta guardare appunto ai «gilet gialli», un movimento nato per caso sui social network dove, tempo fa, una signora sconosciuta, Jacline Mouraud, ha postato un video dove chiedeva a Emmanuel Macron «quando il governo la smetterà di accanirsi contro gli automobilisti», facendo riferimento all'aumento delle accise sulla benzina. Risultato, oltre sei milioni di visualizzazioni. La Mouraud, che... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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