Olanda e Austria chiedono alla Ue di farci la multa
Roma non cambia la manovra. L'Aja e Vienna ci sparano addosso
E l'Europa si arrabbia. Sulla manovra il Governo tira dritto, e risponde ai rilievi già sollevati dalla Commissione con una lettera che non convince né Bruxelles né gli altri paesi europei. Il nuovo documento programmatico, infatti, rimane più o meno sulle stesse linee del precedente, con poche - anche se forse significative differenze. In primo luogo, la promessa di abbattere il rapporto debito/Pil attraverso un maxi-programma di privatizzazioni. Insomma: da un lato si va avanti - «come un rugbista», chiosava l'altrogiorno il vicepremier Matteo Salvini con il piano originario, lasciando invariate le stime di crescita sul Pil all'1,5% e sul deficit Pil al 2,4% nel 2019, dall'altro si prova a soddisfare le richieste dell'Unione Europea vendendo gli immobili di stato. «Per accelerare la riduzione del rapporto debito/Pil e preservarlo dal rischio di eventuali shock macroeconomici, il governo ha deciso di innalzare all'1% (dallo 0,3 previsto originariamente, ndr) del Pil per il 2019 l'obiettivo di privatizzazione del patrimonio pubblico», spiega il ministro dell'economia Giovanni Tria nella lettera d'accompagnamento al nuovo Dpb. «Gli incassi derivanti dalle privatizzazioni costituiscono un margine di sicurezza per garantire che gli obiettivi di riduzione del debito approvati dal parlamento siano raggiunti anche qualora non si realizzi appieno la crescita del Pil ipotizzata». L'aumento non è triviale: si passa infatti dall'ipotesi di dismettere 9 miliardi di immobili in due anni, a oltre 30 miliardi. E questo - come sottolinea l'altro vicepremier Luigi Di Maio - senza mettere le mani sui gioielli di famiglia, ovvero «le partecipazioni in Enel, Enav e così via, che non finiranno in mani private». Una previsione comunque rilevante e che non manca di sollevare scetticismo: in 26 anni, infatti, le privatizzazioni hanno fruttato appena 143 miliardi. Fare 30 miliardi in due anni sarà, probabilmente, difficile. Oltre a questo, Tria chiede alla Ue «l'applicazione della flessibilità per eventi eccezionali», spiegando che «per il prossimo triennio» le spese saranno «pari a circa lo 0,2% del Pil». Il motivo sarebbero gli eventi alluvionali «di particolare gravità» che hanno colpito il Paese nelle ultime settimane... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI