ALTA TENSIONE
Libia nel caos. E l'Italia trema
Intensi combattimenti sono scoppiati a Tripoli all’indomani della proclamazione dello stato d’emergenza da parte del governo di Fayez al-Serraj. L’Onu tenta una mediazione e per domani la missione in Libia ha convocato una riunione con i rappresentanti di tutte le parti per tentare di far partire un dialogo. Anche l’Italia, fanno sapere fonti diplomatiche, continua a lavorare perché in autunno si tenga una Conferenza in Italia. Non ci sarà un intervento dei corpi speciali italiani in Libia: lo ha fatto sapere Palazzo Chigi smentendo le voci che una task force fosse in procinto di partire per mettere in salvo il premier, Fayez al Serraj. SI COMBATTE A TRIPOLI - Ma intanto si combatte a Tripoli, dove il capo del Governo di Accordo Nazionale appare sempre più incalzato dalle milizie rivali a sostegno di Khalifa Haftar. Eni ha fatto sapere che le attività in Libia proseguono regolarmente e che a Tripoli non sono presenti dipendenti italiani. La situazione sul terreno rimane caldissima. A Tripoli, stamane, sono caduti diversi colpi di mortaio e sono avvenuti violenti scontri tra la Settima Brigata e la milizia di Abu Salim, nella zona di Alhadba Alkhadra, a 6 chilometri dal centro e dell’ambasciata italiana. I colpi di mortaio hanno fatto tremare gli edifici nella zona. L’ambasciata è ancora pienamente operativa, ma il personale è stato ridotto considerata la situazione fluida e incerta. Diversi dipendenti già partiti, nella legazione rimangono alcuni diplomatici, tra cui il ’numero duè della missione, Nicola Orlando, e l’addetto al servizio stampa, Steve Forzieri. «L’ambasciata deve essere pienamente operativa», dicono le fonti, perché lItalia ritiene importante «monitorare da vicino la situazione e seguirla minuto per minuto». Intanto, il ministero dell’Interno libico ha deciso di spostare la propria sala operativa a Gianzur, un centro abitato del distretto di Zawiya, distante 12 chilometri dalla capitale, e considerato più sicuro. L’emittente ha inoltre confdrmato che proseguono gli scontri tra le milizie rivali nel sud di Tripoli. Il ministro dell’Interno del governo di Accordo nazionale libico, Abdel Salam Ashour, ha emanato un’allerta per i quartieri di Ghut Shaal e Al Seyaheyya, zona ovest di Tripoli, e ha chiesto al direttore dell’apparato di sicurezza generale di «proteggere le due zone ed evitare che ci siano violazioni della sicurezza». Il timore è che gli scontri a sud della capitale possano raggiungere l’area che un tempo rappresentava il quartiere diplomatico in cui sorgevano diverse ambasciate. Nel tentativo di sedare il caos, la Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) ha chiesto a tutte le parti in conflitto nella zona sud di incontrarsi domani per raggiungere un accordo di cessate il fuoco (finora i precedenti sono stati tutti interrotti). È una corsa contro il tempo per arrivare a una mediazione che eviti una ulteriore escalation dopo la ripresa dei combattimenti che finora hanno causato una cinquantina di morti, tra cui una ventina di civili, e circa 200 feriti. La Settima Brigata di Tarhuna, milizia legata al signore della guerra Salah Badi, si è resa autonoma dal Governo di accordo nazionale di Sarraj e combatte per liberare Tripoli dalle altre milizie armate, accusate di corruzione. A fronteggiarla sono una serie di milizie che formano unità speciali dei ministeri dell’Interno e della Difesa del governo di Sarraj: le Brigate Rivoluzionarie di Tripoli, la Forza speciale di Dissuasione (Rada), la Brigata Abu Selim e la Brigata Nawassi, che ricevono finanziamenti dall’Ue. (AGI) (AGI) - Roma, 3 set. - L’Italia, fa sapere Palazzo Chigi, continua a seguire con «attenzione» l’evolversi della situazione sul terreno e oggi è tornato a chiedere, come già sabato insieme a Usa, Francia e Gran Bretagna, che cessino «immediatamente» le ostilità. Ed è l’intera diplomazia internazionale ad essere in allarme. È un’urgenza su cui l’Ue deve essere «concentrata», ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini,la responsabile In Libia «l’escalation a Tripoli di violenza mina una situazione già fragile. La violenza porterà altra violenza a detrimento dei cittadini libici», ha spiegato il portavoce della Commissione europea, Carlos Martin Ruiz De Gordejuela: «Non c’è soluzione militare alla crisi in Libia, solo una politica e l’Ue sostiene il processo di mediazione delle Nazioni Unite», ha ricordato il portavoce. Anche la Russia si dice preoccupata: «Dispiace constatare che la situazione non solo non si è stabilizzata, ma tende anche a peggiorare», si legge in una nota del ministero degli Esteri; Mosca esorta «ancora una volta tutte le parti in conflitto a cessare le ostilità, a favorire il ripristino della calma nella capitale e nei suoi dintorni e a prendere tutte le misure per prevenire che il Paese piombi in un caos, gravido di conseguenze disastrose. Del resto, in appena una settimana di scontri tra le forze fedeli al governo di Tripoli e la milizia ribelle della Settima Brigata si sono registrati a Tripoli almeno 47 morti e 129 feriti.