La protesta e la repressione
Apre l'ambasciata Usa a Gerusalemme. Inferno a Gaza
Rabbia, violenze e una strage di palestinesi nelle proteste a Gaza nel giorno del trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv e Gerusalemme, che coincide con il 70esimo anniversario della fondazione d’Israele e con la Nakba, il ricordo degli oltre 700mila profughi dopo la nascita dello Stato ebraico nel 1948. Secondo il ministero della Sanità della Striscia sono almeno 37 i manifestanti uccisi, tra cui due minorenni e una donna, mentre i feriti sono oltre 1.000. Scontri anche in Cisgiordania, durante la marcia di protesta partita da Ramallah e diretta alla barriera di sicurezza di Qalandiyah, vicino Gerusalemme, e a nord di Betlemme, a Nablus e a Gerico. Israele «sta compiendo un massacro» a Gaza, ha denunciato il governo palestinese, mentre la Turchia ha additato gli Usa come «corresponsabili». L’esercito israeliano ha ribattuto accusando Hamas di «dirigere un’operazione terroristica facendosi scudo con le masse di persone in 10 località di Gaza». In base alle «dichiarazioni di Hamas e alle informazioni in nostro possesso», il movimento islamista «sta tentando di lanciare una serie di attacchi terroristici, inclusa l’infiltrazione di massa in Israele, da vari punti, per colpire gli israeliani e le forze di sicurezza», si legge in una nota. Il bilancio dei morti segna la giornata più nera da quando è iniziata la protesta palestinese a Gaza, a fine marzo, che complessivamente aveva provocato più di 40 vittime, tutte palestinesi, uccise dalle forze armate israeliane. Per sette venerdì consecutivi i giovani di Gaza hanno preso parte in massa alle manifestazioni per la Marcia del ritorno in vista di questo giorno della Nakba, la «catastrofe», come i palestinesi considerano la nascita dello Stato d’Israele. «Un grande giorno per Israele!», ha scritto su Twitter il presidente americano, Donald Trump. Una giorno «fantastico», ha sottolineato il premier israeliano, Benjamin Netanyau, ringraziando Trump, mentre il ministro israeliano della Giustizia israeliano, Ayelet Shaked, ha definito il presidente Usa il «Churchill del 21esimo secolo» che ha «invertito la politica di capitolazione di Chamberlain» e ha mostrato al mondo che «il vero proprietario della terra è tornato». L’esercito israeliano ha praticamente raddoppiato gli uomini sia in Cisgiordania che al confine con la Striscia di Gaza. Un migliaio di poliziotti sono stati dispiegati a Gerusalemme per garantire la sicurezza dell’ambasciata. Caccia hanno lanciato volantini sull’enclave palestinese esortando gli abitanti a non lasciarsi manovrare da Hamas come delle marionette e a restare lontani dal confine con lo Stato ebraico. «L’esercito israeliano - si legge nel volantino in arabo - è pronto ad affrontare qualsiasi scenario e agirà contro ogni tentativo di danneggiare la barriera di sicurezza o colpire militari o civili israeliani». Il leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, ha lanciato un appello alla jihad, sottolineando che Trump, «è stato chiaro ed esplicito, e ha rivelato la vera faccia della Crociata moderna: l’essere accomodante non funziona con loro, ma solo la resistenza attraverso la jihad». Trump non sarà presente alla cerimonia ma in sua vece ha inviato la figlia Ivanka con il marito Jared Kushner, insieme al segretario al Tesoro, Steve Mnuchin, e al vice segretario di Stato, John Sullivan. L’evento inizierà alle 16, ora locale, le 15 italiane, e vedrà la partecipazione di 800 invitati nella nuova ambasciata che si trova all’interno del consolato nell’area residenziale di Arnona, a pochi passi dal kibbutz di Ramat Ramachel, alla periferia meridionale di Gerusalemme. Tra i rappresentanti dei 32 Paesi che prenderanno parte all’evento, ci sono anche 4 europei - Austria, Repubblica Ceca, Ungheria e Romania - nonostante la ferma condanna di Bruxelles per la decisione di Washington. I delegati europei non parteciperanno così come quelli di Russia, Egitto e Messico. L’ambasciatore Usa, David Friedman, parlando stamattina alla Orthodox Union Organization, ha ringraziato Trump per «il suo coraggio e la sua visione» e «il dipartimento di Stato che ha fatto un lavoro impressionante». Friedman ha quindi sottolineato di aver «ricevuto sostegno da due cari amici che hanno lavorato per rafforzare le relazioni tra Israele e gli Stati Uniti, Jared Kushner e Jason Greenblatt», rappresentante speciale americano per i negoziati internazionali.