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Siria, ispettori Onu bloccati a Duma. Israele: "Colpito obiettivo iraniano"

Trump smentisce Macron: "Via le nostre truppe quanto prima"

Silvia Sfregola
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Gli osservatori inviati in Siria dall'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) non sono ancora entrati a Douma, dove devono verificare se siano state utilizzate armi chimiche nell'attacco del 7 aprile in cui sono morte decine di persone. E gli Usa denunciano temono che il blocco degli osservatori, motivato con «problemi di sicurezza», sia servito a Mosca per inquinare le prove sul terreno. Dopo i raid lanciati sulla Siria nel fine settimana da Stati Uniti, Regno Unito e Francia, oggi si è tenuta una riunione d'emergenza dell'Opac all'Aia, mentre a Lussemburgo si riunivano i ministri degli Esteri dell'Ue e a New York sono previste nuove discussioni al Consiglio di sicurezza Onu. Intanto, in Siria, migliaia di persone sono scese in piazza a Damasco a sostegno del presidente Bashar Assad e contro i recenti raid, e per festeggiare la ripresa della Ghouta orientale da parte delle forze governative. «Il team non è ancora stato dispiegato a Douma», ha confermato Ahmet Uzumcu, capo dell'Opac, all'inizio della riunione d'emergenza a porte chiuse. Sarebbe dovuto essere operativo già domenica, ha spiegato, ma «ufficiali siriani e russi agli incontri preparatori a Damasco» hanno informato che «ci sono ancora questioni di sicurezza irrisolte». Fatto che è guardato con sospetto dagli Usa, dato che le sostanze chimiche nell'ambiente possono degradarsi con facilità. L'ambasciatore americano all'Opac Ken Ward ha ipotizzato che i russi siano stati sul luogo dell'attacco, lanciando l'allarme: «Siamo preoccupati che possano averlo alterato con l'obiettivo di ostacolare gli sforzi della missione di verifica dei fatti Opac». Il Cremlino ha smentito, rispondendo tramite il ministro degli Esteri Sergey Lavrov in un'intervista a Bbc: «Posso garantire che la Russia non ha alterato il luogo». Ha anche ribadito la posizione di Mosca, secondo cui le prove sono state «basate su notizie dei media e dei social media», in un attacco che è stato «inscenato». Mentre gli Usa valutano nuove sanzioni contro la Russia «nel prossimo futuro», la premier britannica Theresa May ha difeso l'intervento militare affermando che sia servito a «evitare altra sofferenza umana» e parlando di un'azione «proporzionata, morale e legale». May è stata duramente criticata dall'opposizione, secondo cui avrebbe dovuto consultare preventivamente il Parlamento. Il presidente francese Emmanuel Macron ha parlato di una «rappresaglia» per l'attacco chimico, dichiarando anche di aver «convinto» l'omologo americano Donald Trump a «restare in Siria», nonché a far sì che i raid si limitassero a colpire presunti luoghi legati alle armi chimiche. Macron domenica aveva detto di aver prova che nell'attacco fossero stati usati cloro e armi chimiche. Secondo voci precedenti ai raid Trump avrebbe voluto un'azione più estesa, ma i suoi consiglieri lo avrebbero convinto altrimenti. La portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders ha tuttavia commentato: la posizione sulla Siria «non è cambiata», «il presidente è stato chiaro sul fatto che vuole le forze Usa tornino a casa il prima possibile». Il focus, però, in parallelo torna anche sulla diplomazia, con una nuova risoluzione che deve esser dibattuta al Consiglio di sicurezza Onu. La Francia ha chiesto che i Paesi membri negozino «in buona fede», chiedendo tra l'altro la creazione di un nuovo «meccanismo indipendente» d'inchiesta e attribuzione delle responsabilità sull'uso di armi chimiche, «basato su principi di imparzialità e professionalità», e che Damasco smantelli totalmente il programma chimico sotto controllo dell'Opac. Analoga richiesta su un meccanismo di controllo è arrivata dall'Ue, di cui si è riunito il Consiglio Affari esteri. I ministri hanno «lamentato il fatto che il mandato del Jim», il Joint Investigative Mechanism costituito da Opac e Onu per identificare i responsabili degli attacchi chimici, «non sia stato rinnovato nel novembre 2017» a causa del veto russo all'Onu: «ripristinare un meccanismo indipendente sulla responsabilità è particolarmente importante». L'Ue ha inoltre dichiarato di comprendere l'azione dei tre Paesi, nei suoi raid «mirati», e chiesto lo stop totale all'uso delle armi chimiche e la loro totale distruzione. Il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani ha inoltre definito «indispensabile una forte unità degli europei, perché andare in ordine sparso sarebbe un grave errore».

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