Privacy violata

Scandalo Facebook, il social ammette: coinvolti 87 milioni di utenti, 214 mila italiani

Alessandro Perrone

Non più 50 milioni, ma 87 milioni. Secondo Facebook potrebbe essere questo il numero di utenti coinvolti nello scandalo Cambridge Analytica, e potrebbero esserci anche 214mila profili italiani. I loro dati, raccolti nel 2014, quando le regole del social network ancora lo permettevano, sarebbero poi stati a disposizione proprio della società britannica che ha lavorato alla campagna elettorale a favore della Brexit e a quella per l'elezione di Donald Trump. I numeri emergono da un documento ufficiale scritto da Mike Schroepfer, Chief Technology Officer di Facebook. Un’altra ammissione di colpa che arriva dai vertici del social network, a cui è seguita una smentita da parte di Cambridge Analytica, che in un comunicato afferma di aver avuto a disposizione i dati di non più di 30 milioni di utenti. In attesa di nuovi sviluppi per chiarire definitivamente la portata della falla, Facebook cerca di correre ai ripari e nello stesso report annuncia una lista di importanti cambiamenti, che dovrebbero, in teoria, evitare il ripetersi di situazioni simili a quella svelata nelle ultime settimane sulle pagine del Guardian e del New York Times. Il punto centrale della nuova strategia di Facebook è quello di introdurre delle limitazioni nelle API, gli strumenti a disposizione dei gestori di pagine e degli sviluppatori di app per il social network. Per loro meno libertà di movimento, ma soprattutto meno dati degli utenti a disposizione. Le limitazioni riguardano soprattutto le informazioni che possono essere raccolte dai gruppi o dagli eventi creati su Facebook. Fra gli altri i cambiamenti importanti c'è la disattivazione delle ricerche per numero di telefono, la creazione di un filtro che servirà per verificare ogni applicazione che richiede il Facebook Login e la promessa da parte del social di non raccogliere più dati sensibili dagli smartphone, come i contenuti dei messaggi e delle chiamate effettuate. Inoltre, è diventato molto più facile eliminare le applicazioni a cui abbiamo autorizzato l’accesso ai nostri dati. Mark Zuckerberg, CEO e fondatore di Facebook, ha però ammesso in una recente intervista concessa a Vox che ci vorranno anni per risolvere tutti i problemi. Di sicuro dalle parti di Menlo Park hanno capito che prevenire è meglio che curare. Su Instagram, l'altro social di proprietà di Facebook, sono stati anticipati dei cambiamenti sulle API che sarebbe dovuti diventare effettivi a fine luglio, nella speranza di arginare il problema. A Zuckerberg però servono dei risultati concreti entro l’11 aprile. Quel giorno verrà infatti ascoltato dalla commissione energia e commercio della Camera del Congresso degli Stati Uniti, che vuole vederci chiaro sulla faccenda. Al peggio non c'è mai fine e lì potrebbero emergere nuove brutte sorprese per Facebook.