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Trump e il discorso dei record: "Questo è il nuovo momento americano"

"Un Paese sicuro, forte e orgoglioso". Primato social: oltre 3 milioni di tweet

Davide Di Santo
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"Questo è il nostro nuovo momento americano", "non c'è mai stato momento migliore per cominciare a vivere il sogno americano" e "stiamo costruendo un'America sicura, forte e orgogliosa". Nei circa 80 minuti del suo primo discorso sullo stato dell'Unione davanti alle Camere riunite (il più lungo da quello di Bill Clinton nel 2000 scrive il New York Times), Donald Trump rivendica quelli che enuncia come successi del suo primo anno alla Casa Bianca e ribadisce, seppur senza molti dettagli, le linee guida per l'agenda da portare avanti: bene l'economia, con un dietrofront rispetto all'era Obama il carcere di Guantanamo resterà aperto (la Casa Bianca ha fatto sapere che il decreto è stato già firmato), e ai democratici Trump dice che tende "una mano aperta per lavorare insieme" sull'immigrazione, salvo poi ribadire le sue priorità come per esempio la costruzione del muro del Messico. Join me live for the #SOTUhttps://t.co/0SLktWxfHi— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 31 gennaio 2018 Davanti non solo ai membri del Congresso, ma anche alla moglie Melania - al primo appuntamento ufficiale dopo avere saltato il vertice di Davos sullo sfondo delle accuse di infedeltà emerse a carico del marito con la pornostar Stormy Daniels - e davanti ai numerosi ospiti scelti da Trump da una parte e dall'opposizione democratica dall'altra, il presidente degli Stati Uniti ha cominciato dall'economia. Ha rivendicato di avere messo in atto "il più grande taglio delle tasse e la più grande riforma fiscale della storia degli Stati Uniti" con un taglio di 1,5 trilioni di dollari di imposte, si è assunto il merito della crescita dei posti di lavoro dicendo che sotto i suoi occhi sono stati creati 2,4 milioni di posti, e anche il merito di guadagni storici della Borsa; poi ha rivendicato che "a un anno di distanza la coalizione anti Isis ha liberato quasi il 100% del territorio che fino a poco tempo fa era in mano a questi killer in Iraq e Siria". Consapevole di parlare a un Paese diviso, attenendosi secondo gli osservatori quasi del tutto al discorso preparato, Trump ha lanciato un appello all'unità: "Stasera, invito tutti noi a mettere da parte le nostre differenze, a cercare un terreno comune e a raccogliere l'unità di cui abbiamo bisogno per agire per le persone". E, almeno a parole, ha offerto un ramoscello d'ulivo ai democratici sulla questione dell'immigrazione e in particolare dei 'dreamers': "Stasera tendo una mano aperta per lavorare con i membri di entrambi i partiti, democratici e repubblicani, per proteggere i nostri cittadini, di ogni background, colore e credo". Ma nei fatti ha dichiarato che le sue condizioni restano invariate: sì alla garanzia di uno status legale per i 'dreamers', gli immigrati giunti negli Usa da irregolari quando erano bambini e che non sono più coperti dal programma Daca che a loro tutela aveva voluto Obama; ma in cambio Trump vuole l'ok al finanziamento del muro al confine con il Messico, una revisione delle leggi sull'immigrazione che dia priorità ai migranti altamente qualificati e il taglio delle possibilità dei ricongiungimenti. Poi l'affondo: "Anche gli americani sono dreamers". D'altra parte dell'argomento si discuterà molto presto, visto che la nuova scadenza per lo shutdown è l'8 febbraio. Nessun accenno invece al Russiagate, limitandosi a citare la Russia come nemico insieme alla Cina. Significativa la scelta degli ospiti. Per esempio il disertore nordcoreano Ji Seong-ho, che ha perso una gamba e ora porta le stampelle (nel corso dell'intervento Trump è tornato a condannare la Corea del Nord), un poliziotto che ha adottato il figlio di una donna eroinomane, nonché i genitori di Otto Warmbier, il giovane statunitense morto dopo 17 mesi di detenzione in Corea del Nord. Quanto ai democratici, invece, hanno invitato dreamers che rischiano di essere rimpatriati. La risposta dei democratici al discorso di Trump è stata affidata a Joe Kennedy, Joseph Kennedy III, il 37enne democratico del Massachusetts pronipote di John Fitzgerald. Citando un cartello portato durante una manifestazione, il giovane Kennedy ha detto: "Costruite un muro e la mia generazione lo butterà giù". E poi ancora: "I bulli possono sferrare un pugno. Potrebbero anche lasciare un segno", ma "mai una volta nella storia dei nostri Stati Uniti sono riusciti a eguagliare forza e spirito del popolo unito a difesa del suo futuro".

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