due pesi e due misure
Felpa con la scimmia, bufera su H&M. Ma nessuno protesta per il bimbo drag queen
Alcuni ventilatori dell'indignazione funzionano bene, altri un po' meno. In queste ultime ore i siti di informazione sono stati tempestati dal caso di H&M e della sua pubblicità in cui un bambino di colore indossa una felpa con la scritta: “Coolest monkey in the jungle”, ossia “La scimmia più cool della giungla”. Preso atto che, nel linguaggio comune degli insulti, il termine scimmia viene utilizzato per dare a qualcuno dell'involuto, del sottosviluppato, allora sarebbe stato a monte inopportuno produrre un capo con quella scritta, che sia indossato da un bimbo bianco o di colore, specie perché, essendo piccolo, magari non si rende pienamente conto di ciò che porta. Però, siccome nell’universo della neo inquisizione certi particolari non si notano, allora ecco scatenarsi la gazzarra internazionale soltanto perché il bambino è nero. Prima protestano gli utenti social, poi i blogger, la questione arriva persino al New York Times, a varie edizioni dell’Huffington Post, e anche in Italia ne parlano siti di informazione e le agenzie di stampa. Nel dubbio se la medesima reazione si sarebbe verificata o meno nel caso in cui ad indossare la stessa felpa fosse stato un bambino bianco, si registrano scuse di H&M, che ha ritirato la foto glorificando l’ennesima crociata mediatica di quelli che lottano per il buono e per il giusto. E acchiappano le pagliuzze (perché quella dell’azienda svedese non è più di quello) facendosi sfuggire clamorosamente le travi. Sì, perché c’è una vicenda analoga nella dinamica a quella di H&M, ma molto più grave nel contenuto. È stata ugualmente bersagliata nei social, ma è passata del tutto inosservata nel mondo della grande stampa, ed è rimasta confinata a Breitbart, il sito della destra americana, e qualche altro spazio web di notizie. In poche parole, un’azienda che produce abbigliamento sexy, House of Mann, ha messo in vendita sul web una tuta in vari colori da bambino, tutta in paillettes, utilizzando come modello tale "Lactatia", nome d’arte di un bambino di appena 8 anni, che sarebbe la più giovane “Drag queen” del mondo. Questo ragazzino che usa vestirsi da donna sexy, con parrucche, rossetto dirompente e abiti succinti, è già famoso nei Paesi anglosassoni, dove è una vera e propria icona gay, sua mamma lo porta ospite in diversi programmi televisivi dichiarando quant’è contenta di farlo esprimere come vuole e che eguale libertà dovrebbe essere concessa a tutti i bambini. “Lactatia” e sua mamma sono canadesi, patria “modello” per l’aperturismo verso il mondo LGBT. Un bambino che, nella placida ingenuità della sua età, gira con parrucche, vestitini di pelle e addirittura viene utilizzato come testimonial di linee d’abbigliamento per omosessuali in erba. E il mondo liberal, così impegnato a certificare un’improbabile follia clinica di Donald Trump, non si accorge di quanti guasti stia producendo la propria follia culturale, dove i “diritti” assumono la faccia feroce dei soprusi.