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Hamas lancia l'Intifada, razzi su Israele

Manifestazioni e scioperi dopo la svolta di Trump: decine di feriti

Carlo Antini
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Esplode la tensione in Medioriente. All'indomani del riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte del presidente Usa Donald Trump, Hamas ha lanciato un appello a una nuova Intifada e proteste si sono tenute nei Territori palestinesi. Negli scontri con gli agenti israeliani, scoppiati sia nella Striscia di Gaza che nella Cisgiordania occupata, sono rimasti feriti almeno 31 palestinesi, colpiti secondo fonti mediche sia da proiettili veri che da proiettili di gomma. I dimostranti hanno lanciato sassi e dato alle fiamme copertoni, e i soldati hanno a loro volta lanciato lacrimogeni e proiettili. L'esercito di Israele, inoltre, ha rafforzato la sua presenza in Cisgiordania. Razzi sono stati lanciati da Gaza contro Israele e, secondo quanto riferisce l'esercito israeliano, solo uno di questi ha colpito il territorio dello Stato ebraico, nel sud, mentre gli altri sono caduti nella Striscia. Un gruppo jihadista salafita di Gaza noto come Brigate Al-Tawheed, che non ha ascoltato l'invito di Hamas a non lanciare razzi, ha rivendicato il lancio di due dei razzi. Ma poco dopo le forze armate israeliane hanno fatto sapere di avere risposto attaccando postazioni di Hamas a Gaza, sottolineando che Israele «attribuisce a Hamas la responsabilità dell'attività ostile perpetrata contro il Paese da Gaza". Le proteste erano attese: martedì sera, dopo che Trump aveva telefonato al presidente palestinese Mahmoud Abbas per annunciargli personalmente di avere deciso di trasferire da Tel Aviv a Gerusalemme l'ambasciata Usa, le fazioni palestinesi avevano indetto tre giorni di collera nei Territori, da mercoledì a venerdì. E proprio venerdì, giornata di preghiera per i musulmani, è il giorno sul quale adesso è concentrata l'attenzione: si temono violenze, dal momento che è proprio a partire da venerdì che il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ha chiesto di cominciare una nuova Intifada, termine che in arabo vuol dire rivolta. "L'8 dicembre sia il primo giorno dell'Intifada contro l'occupante", ha dichiarato Haniyeh, definendo venerdì il «giorno della rabbia". Proteste sono attese sia in Cisgiordania che lungo il confine con Gaza; inoltre le preghiere del venerdì alla moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme potrebbero essere un momento sensibile. E mentre anche in Egitto e Tunisia migliaia di persone sono scese in piazza a sostegno della causa palestinese, per l'11 dicembre il gruppo libanese Hezbollah ha convocato una giornata di protesta nel suo feudo a sud di Beirut. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, dal canto suo, ha affermato che «molti Paesi» seguiranno l'esempio degli Stati Uniti e che contatti in merito sono già in corso. Ma in serata la Casa Bianca ha fatto sapere di non essere al corrente di nessun altro Paese che intenda seguire le orme di Trump su Gerusalemme. Condanna internazionale contro la scelta di Trump. Molti dei più stretti alleati di Washington, compresi Francia e Regno Unito, hanno espresso il proprio disaccordo. Papa Francesco ha invitato a rispettare lo status quo per Gerusalemme e anche Russia e Cina hanno espresso preoccupazione. Il presidente russo Vladimir Putin e l'omologo turco Recep Tayyp Erdogan, in una telefonata, sono stati concordi nel valutare che la mossa Usa avrà un impatto negativo sulla pace e la stabilità nella regione. Erdogan, inoltre, ha telefonato al Papa, e secondo fonti dell'ufficio di presidenza turco i due si sono trovati d'accordo sul fatto che ogni tentativo di cambiare lo status di Gerusalemme dovrebbe essere evitato. Quanto all'Ue, l'Alta rappresentante per la politica estera Federica Mogherini ha detto che "l'unica soluzione realistica al conflitto tra Israele e Palestina" si basa "su due Stati e con Gerusalemme come capitale di entrambi", attirandosi la condanna di Israele: il portavoce del ministero degli Esteri ha definito "sconcertante" la sua critica alla decisione di Trump. La comunità internazionale si mobilita con una serie di impegni istituzionali: domani è in programma una riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, una riunione d'emergenza della Lega araba è stata convocata per sabato, mentre l'Organizzazione della cooperazione islamica (che include 57 Paesi) si riunirà a Istanbul il 13 dicembre. Lunedì 11 dicembre, invece, il presidente russo, Vladimir Putin, si recherà in visita in Egitto e incontrerà il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, con il quale secondo il Cremlino discuterà anche di Medioriente.

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