LA CRISI SPAGNOLA

Catalogna, Re Felipe non cede: "La secessione è inaccettabile"

Carlo Antini

A poche ore dalla riunione del governo spagnolo in cui, per la prima volta in 39 anni di Costituzione, sarà attivato l'articolo 155 della Costituzione, per sospendere l'autonomia della Catalogna, l'esecutivo del premier Mariano Rajoy si è assicurato il sostegno dell'opposizione per sciogliere il Parlament e fissare nuove elezioni regionali per gennaio. Nel tentativo di arginare la spinta indipendentista catalana, domani il Consiglio dei ministri di Madrid si riunirà per un incontro d'emergenza alle 10 per stabilire le misure attraverso le quali intende applicare l'articolo 155: qualcuno si spinge a ipotizzare che sia addirittura già stata stabilita la data delle elezioni catalane, il 28 gennaio, ma questo non è stato confermato formalmente. E la linea di Madrid ottiene ancora una volta l'appoggio di re Felipe VI: la Catalogna "è e sarà parte essenziale" della Spagna, le cui "legittime istituzioni democratiche" risolveranno questo "inaccettabile tentativo di secessione" nell'ambito del rispetto della Costituzione, ha dichiarato il sovrano pronunciandosi per la prima volta dopo il messaggio straordinario alla nazione che pronunciò lo scorso 3 ottobre, due giorni dopo il referendum sull'indipendenza. Felipe VI ha parlato alla cerimonia di consegna dei premi Princesa de Asturias, che si è tenuta nel teatro Campoamor di Oviedo, alla presenza del premier Mariano Rajoy, nonché delle tre massime autorità dell'Ue, cioè il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, quello del Consiglio europeo Donald Tusk e il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani, che hanno vinto il premio per la Concordia assegnato all'Ue. Dopo l'annuncio ufficiale di Rajoy di domani, il pacchetto di misure dovrà passare al Senato, che si riunirà in plenaria il 27 ottobre: secondo fonti parlamentari sarà una vera e propria maratona, che durerà non meno di cinque ore. Ma prima di arrivare a questa data ci sono una serie di altri appuntamenti già fissati: innanzitutto domani, mentre Madrid annuncerà l'attivazione dell'articolo 155, a Barcellona sono attese proteste contro l'incarcerazione dei due leader indipendentisti Jordi Sanchez di Asamblea nacional catalana (Anc) e Jordi Cuixart di Omnium Cultural, accusati di sedizione, e contro la possibilità che Rajoy intervenga sull'autonomia catalana. Inoltre in Catalogna lunedì alle 10.30 si riunirà la Giunta dei portavoce, composta da rappresentanti di tutte le forze politiche presenti nel Parlament: fisserà data e ordine del giorno della prossima plenaria, in cui JxSí e Cup prevedono di approvare una dichiarazione di indipendenza; l'ordine del giorno, poi, dovrà essere approvato dalla Mesa del Parlament nella sua abituale riunione settimanale del martedì mattina. Secondo fonti catalane, il plenum dell'aula regionale potrebbe votare la dichiarazione d'indipendenza nella stessa data in cui la plenaria del Senato spagnolo dovrebbe approvare le misure di applicazione dell'articolo 155, cioè a mezzogiorno di venerdì 27 ottobre. Da Bruxelles, Rajoy ha rimandato ogni annuncio a domani, non confermando neanche di avere raggiunto l'accordo con il Psoe per elezioni da tenersi in Catalogna a gennaio (come invece riferito dalla segretaria all'Uguaglianza dei socialisti, Carmen Calvo), e si è limitato a sottolineare che in Catalogna si è arrivati a "una situazione limite" che obbliga il governo ad agire. Il governatore catalano Carles Puigdemont, ex giornalista che sta guidando la campagna secessionista, si è rifiutato di rinunciare all'indipendenza, citando dalla sua parte un voto ampiamente a favore dell'indipendenza nel referendum dello scorso 1° ottobre. Quel referendum è stato dichiarato illegale dalla Corte costituzionale, ma Puigdemont sostiene che sia vincolante e l'esito vada rispettato; alla votazione, però, ha partecipato solo il 43% degli elettori, il 90% circa dei quali ha votato a favore del divorzio della regione dalla Spagna. Giovedì Puigdemont, nella lettera inviata a Rajoy alla scadenza del secondo ultimatum, entro cui gli era stato chiesto di spiegare se avesse o meno proclamato l'indipendenza, ha scritto che "se il governo dello Stato persiste nell'impedire il dialogo e continua la repressione", il Parlamento locale "potrà procedere, se lo ritiene opportuno, a votare la dichiarazione formale d'indipendenza che non ha votato il giorno 10".