Assalto finale alla roccaforte dell'Isis per liberare Raqqa
L'ultima battaglia delle forze curde. I foreign fighters scappano con le famiglie
Al via l'assalto finale per liberare Raqqa dallo Stato islamico. Dopo che un convoglio carico di combattenti dell'Isis è partito dalla città oggi, lasciandovi solo un ultimo gruppo di jihadisti che resistono, le milizie curdo-arabe sostenute dagli Usa, che vanno sotto il nome di Forze democratiche siriane (Fsd), hanno annunciato di avere lanciato l'attacco finale. "La battaglia continuerà finché l'intera città non sarà ripulita", hanno dichiarato le Fsd (o Sdf, la sigla in inglese). Le stesse Fsd avevano annunciato poco prima che un gruppo di jihadisti aveva lasciato Raqqa a bordo di un convoglio portando con sé dei civili. Ma ci sono versioni diverse sul se gli evacuati includessero o meno foreign fighters: un portavoce delle Fsd, Mostafa Bali, sostiene che siano stati evacuati soltanto i combattenti siriani dell'Isis; diversamente Omar Alloush, un funzionario del Consiglio civile di Raqqa, costituito sotto gli auspici delle Fsd per supervisionare la città, sostiene che siano partiti anche alcuni combattenti stranieri. Nessuno dei due dice quanti jihadisti siano rimasti in città, ma la coalizione anti Isis a guida Usa stima che siano fra 300 e 400. A bordo del convoglio, diretto nella parte di territorio ancora sotto il controllo dell'Isis nell'est della Siria, c'erano anche dei civili, circa 400 secondo Alloush. Il portavoce delle Fsd sostiene che siano stati utilizzati come scudi umani: i jihadisti si sono rifiutati di rilasciarli una volta usciti dalla città, come era invece previsto dagli accordi, e hanno voluto portarli con sé fino all'arrivo a destinazione come garanzia della propria sicurezza. Nei sei anni di guerra in Siria ritiri del genere da parte di combattenti insieme a gruppi di civili sono diventati normali come modalità per accelerare la caduta di zone popolate dopo lunghi assedi. Nelle precedenti evacuazioni, comprese alcune dello Stato islamico, i civili erano di fatto familiari dei combattenti. Il convoglio ha lasciato Raqqa nell'ambito di un accordo negoziato a livello locale, annunciato ieri, che prevedeva appunto l'evacuazione di combattenti dalla città. Lo scopo dell'intesa, secondo il Consiglio civile di Raqqa, è quello di evitare un ulteriore spargimento di sangue. A questo punto la caduta di Raqqa, dopo quattro mesi di battaglia, sembra imminente. Ma la battaglia di Raqqa ha avuto un costo molto pesante per la popolazione: gran parte della città è stata ridotta in macerie dagli intensi attacchi aerei della coalizione e da mesi di combattimenti strada per strada. Migliaia di persone sono fuggite e centinaia di civili sono morti. Raqqa fu la prima grande città siriana a cadere nelle mani dello Stato islamico nel 2014, quando ancora il gruppo si chiamava Stato islamico dell'Iraq e del Levante. Allora l'Isis sottrasse il controllo della città ad alcune fazioni ribelli che qualche mese prima avevano cacciato l'esercito siriano. Man mano che l'Isis assunse sempre più potere, sia in Siria che in Iraq dove a giugno di quell'anno conquistò Mosul, Raqqa diventò il suo centro più importante e una serie di vittorie vennero celebrate con parate in città. È qui che si stabilirono diversi leader del gruppo: ex ostaggi, inoltre, riferiscono che è qui che furono trattenuti da Mohammed Emwazi, meglio noto come "Jihadi John", in un edificio vicino a uno stabilimento petrolifero alle porte della città. Secondo la coalizione anti Isis, Raqqa fu hub per attacchi compiuti all'estero: dopo gli attentati di novembre 2015 a Parigi, la Francia lanciò raid aerei su obiettivi Isis in città. Risale al 6 giugno scorso, invece, l'annuncio dell'offensiva contro l'Isis a Raqqa da parte delle forze Fsd. L'Isis, d'altra parte, è in difficoltà da due anni, durante i quali ha perso diversi territori sia in Siria che in Iraq. In Siria, oltre all'offensiva delle milizie curdo-arabe sostenute dagli Usa, deve affrontare quella dell'esercito siriano sostenuto da Russia, Iran e milizie sciite alleate.