ALLARME TERRORISMO
Attacco a Marsiglia, il killer e la pista italiana: aveva vissuto ad Aprilia
La procura capitolina aprirà a breve un'indagine contro ignoti, e per associazione con finalità di terrorismo, legata alle verifiche avviate sulla rete di contatti in Italia di Ahmed Hanachi, il cittadino tunisino trentenne, ucciso a Marsiglia, in Francia, dopo aver assassinato due donne. Responsabile del fascicolo il procuratore aggiunto Francesco Caporale. L'uomo responsabile dell'attacco di domenica a Marsiglia, dove ha accoltellato a morte due donne prima di essere ucciso da un soldato, aveva vissuto in Italia, dove dal 2009 al 2017 avrebbe beneficiato di un permesso di soggiorno, scaduto a gennaio scorso e di cui avrebbe chiesto il rinnovo. L'uomo, secondo quanto riferito ieri dal procuratore francese anti-terrorismo François Molins, era noto ai servizi di polizia dal 2005, per piccoli reati comuni, con sette identità diverse. Era stato fermato il 29 settembre a Lione per furto e rilasciato poi il giorno successivo, cioè 24 ore prima dell'attacco, per mancanza di prove. Alla polizia aveva esibito un passaporto tunisino e dichiarato di vivere a Lione, di essere senzatetto, divorziato e con problemi di droga. Stando a una fonte vicina al dossier, citata sempre dai media francesi, l'uomo, che ha dichiarato di essere entrato in Francia nel 2003, nel 2005 era stato fermato e ricondotto alla frontiera dal prefetto del Var, prima di essere rimesso in libertà dopo due giorni, per mancanza di posti nel centro di identificazione ed espulsione e per un problema con il documento di identità. Il ministro dell'Interno francese, Gerard Collomb, ha chiesto ieri all'Inspection générale de l'administration (Iga) un'indagine per accertare perché il killer sia stato rimesso in libertà alla vigilia dell'attacco; e le conclusioni dovranno essere consegnate in settimana. Secondo "Le Parisien" l'uomo era in Francia in situazione irregolare, ma dopo l'arresto di venerdì per furto non era stato possibile trasferirlo in un centro per due motivi: in primo luogo perché il centro di espulsione (Cra in francese) era pieno, e poi perché in prefettura era assente la persona incaricata di firmare l'obbligo di lasciare il territorio francese.