Charlie, l'ospedale Bambino Gesù: problemi per trasferirlo. Vaticano: faremo il possibile contro gli ostacoli
Il Great Ormond Street Hospital di Londra, dove è ricoverato Charlie Gard, ha detto di no. Il piccolo non potrà essere trasferito al nosocomio Bambino Gesù della Santa Sede, neanche se del trasferimento si occuperà direttamente il Vaticano. «Motivi legali». Gli stessi che hanno impedito agli Stati Uniti di aiutare i genitori del bambino. A riferirlo è la presidente dell'ospedale del Papa, Mariella Enoc. «Credo che i problemi legali siano legati alla nazionalità, al fatto che i genitori non possono portare il bambino fuori dal territorio senza il permesso delle autorità», spiega il cardinale segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin, e assicura il massimo impegno del Vaticano per superarli. «Se possiamo farlo lo faremo, quello che è possibile fare da parte nostra lo faremo». Enoc racconta anche di essere stata contattata dalla mamma del bambino, «una signora molto determinata e molto decisa, che non vuole cedere di fronte a nulla»: «Ci ha chiesto di provare a verificare la possibilità che questa cura venga fatta, e i nostri medici e scienziati stanno approfondendo la possibilità. Quando ci ha chiamati l'abbiamo ascoltata con molta attenzione. È determinatissima a combattere fino all'ultimo». Se sarà possibile trovare una cura non si sa. Anche se l'ospedale della Santa Sede è noto in tutto il mondo per la cura dei casi rari. Nel 2016 9.600 sono stati i pazienti "rari" diagnosticati e assistiti dalla struttura e 102 i casi umanitari di pazienti stranieri presi in carico. Charlie ha dieci mesi ed è affetto dalla sindrome da deplezione del Dna mitocondriale: una malattia rara e degenerativa che colpisce i geni, provocando un progressivo deperimento muscolare. Ora, quando non ha neanche un anno di vita, si trova al centro di una battaglia legale fra l'ospedale di Londra, i cui medici vorrebbero staccare la spina alle macchine che lo tengono in vita, e i genitori. Una serie di sentenze nel Regno Unito hanno dato ragione alla struttura ospedaliera. Poi, il colpo di grazia per i genitori: il 26 giugno anche la Corte Europea dei Diritti Umani ha respinto il loro ricorso. «Nella vita ci sono zone grigie: in questo caso è molto difficile dire se c'è accanimento terapeutico o no - afferma Enoc -. Su questa zona grigia mi astengo dal giudizio e faccio la sola cosa che posso fare, ovvero dire che possiamo accogliere la famiglia e accompagnarla così come ci ha chiesto il Papa». Quando i medici hanno avuto il via libera per staccare la spina al bimbo, un post sui social dei coniugi Gard ha fatto partire in tutto il mondo la #charliesfight, la 'battaglia di Charliè. Si sono espressi in molti e tra le voci che hanno fatto più rumore ci sono quelle di Papa Francesco e Donald Trump. Dopo l'appello di Papa Francesco, che tramite la sala stampa vaticana ha fatto sapere di seguire «con affetto e commozione» la vicenda, auspicando che «non si trascuri il desiderio dei genitori di accompagnare e curare sino alla fine il proprio bimbo», ieri è arrivata anche la disponibilità da parte del Bambino Gesù. «Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d'amore che Dio affida ad ogni uomo. Sappiamo - ha affermato ieri Enoc - che il caso è disperato e che, a quanto risulta, non vi sono terapie efficaci. Siamo vicini nella preghiera e, se questo è il loro desiderio, disponibili ad accogliere il loro bambino presso di noi, per il tempo che gli resterà da vivere». Parole usate anche dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. «Se possiamo aiutare il piccolo #CharlieGard, come i nostri amici in Gb e il Papa - ha twittato ieri - noi saremmo felici di farlo».