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Siria, Trump valuta raid contro il regime di Assad Le autopsie confermano: Usati gas chimici

Silvia Sfregola
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Il presidente degli Stati uniti, Donald Trump, sta considerando l'ipotesi di un'azione militare in siria in risposta all'attacco chimico di martedì in Siria. A riportarlo è la Cnn, citando una fonte bene informata secondo la quale, però, Trump non ha ancora deciso, e sta discutendo delle possibili azioni con il capo del Pentagono, James Mattis. A oltre due giorni dall'attacco chimico che ha colpito Khan Sheikhoun, nella provincia nordoccidentale di Idlib, mentre il Consiglio di sicurezza dell'Onu non ha ancora messo al voto una risoluzione di condanna. Martedì sera Stati Uniti, Francia e Regno Unito avevano fatto circolare una bozza di risoluzione di condanna, che però ha incontrato la ferma opposizione della Russia, che difende a tutto campo Bashar Assad. Oggi la cancelliera tedesca, Angela Merkel ha definito uno scandalo il fatto che il Consiglio Onu non abbia ancora approvato una risoluzione relativa all'attacco chimico. Il rischio, come sottolinea una fonte diplomatica occidentale citata dall'agenzia Efe, è che se si continua a ritardare il voto, l'impatto dell'azione perde forza. Ankara dopo le autopsie conferma: "Usati gas chimici" La Turchia, intanto, ha annunciato che le autopsie condotte sulle vittime dell'attacco hanno dimostrato che sono state usate armi chimiche (31 delle vittime sono state portate in Turchia per essere curate), e aggiunge che l'esito sarà fatto analizzare in laboratorio all'Aia. Ma la Russia continua a difendere il regime di Damasco; la sua linea, ribadita oggi anche dal presidente Vladimir Putin, è la seguente: prima di lanciare accuse bisogna compiere un'indagine imparziale. È "inammissibile" che si lancino "accuse infondate contro qualunque parte" senza condurre "un'indagine internazionale dettagliata e imparziale", ha detto Putin oggi in un colloquio telefonico con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Stamattina il ministro della Difesa di Israele, Avigdor Lieberman, aveva dichiarato al quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth che "i due micidiali attacchi con armi chimiche contro i civili nell'area di Idlib in siria e all'ospedale locale sono stati compiuti su ordine diretto e premeditato del presidente siriano Bashar Assad con gli aerei siriani. Lo dico con certezza al 100 per cento". Trump valuta opzione militare Trump ha alzato i toni ieri, parlando di "affronto all'umanità", puntando il dito direttamente contro Assad e dicendo che con l'attacco chimico di martedì sono state superate "molte linee rosse". Frasi forse inattese perché segnano una presa di distanze molto marcata dalla Russia. Mosca, alludendo probabilmente a Trump, ha lanciato l'invito ad avere un approccio equilibrato agli eventi di Idlib e a non saltare a conclusioni affrettate, aggiungendo tuttavia che le differenze sulla siria difficilmente possono influenzare le attuali relazioni fra Russia e Stati Uniti. E oggi, tramite il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, afferma che l'attacco chimico di martedì in Siria è "un crimine mostruoso" e l'uso di armi chimiche è "inaccettabile", ma le conclusioni degli Stati Uniti sull'incidente non sono basate su dati oggettivi. Strage Idlib: il bilancio è di 86 morti L'attacco chimico di Khan Sheikhoun, il cui ultimo bilancio fornito dall'Osservatorio siriano per i diritti umani è di 86 morti (fra cui 30 bambini e 20 donne), mette Trump davanti allo stesso dilemma di fronte al quale si era trovato il suo predecessore Barack Obama: se sfidare apertamente Mosca e rischiare un coinvolgimento sostanziale nella guerra, provando a punire Assad per l'uso di armi chimiche, o accettare che Assad resti al potere, a rischio però di apparire debole. Lo stesso Trump aveva accusato Obama di essere stato debole nel 2013: allora, dopo l'attacco chimico del 21 agosto del 2013 a Ghouta, alle porte di Damasco, Obama evocò il superamento di una linea rossa paventando un intervento Usa; ma alla fine l'intervento non ci fu, perché venne raggiunto un accordo sponsorizzato da Usa e Russia in base al quale Damasco ha accettato di unirsi alla Convenzione internazionale per le armi chimiche (che ne vieta, produzione, stoccaggio e uso), acconsentendo a consegnare il suo arsenale di armi chimiche affinché venisse distrutto. Trump sa che si trova davanti allo stesso bivio di Obama, tanto che ieri l'ambasciatrice Onu presso le Nazioni unite, Nikki Haley, ha ipotizzato che si possa agire da soli: quando le Nazioni unite non riescono ad agire collettivamente, ha detto, allora gli Stati sono "costretti a intraprendere azioni proprie".

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