Un giudice blocca il bando anti-immigrati. Trump: "Scandaloso"
È guerra nei tribunali sul "travel ban" voluto dal presidente Usa Donald Trump. Un giudice federale di Seattle, James Robart, ha sospeso il divieto di ingresso negli Stati Uniti imposto da Trump ai rifugiati e ai cittadini provenienti da sette Paesi a maggioranza musulmana (cioè Iran, Siria, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen e Libia). La decisione ha obbligato l'agenzia governativa U.S. Customs & Border Protection a comunicare alle compagnie aeree che potevano nuovamente accettare tutti i passeggeri, ma la Casa Bianca ha reagito in modo duro, annunciando che i suoi avvocati presenteranno ricorso "il prima possibile". La Casa Bianca ha ribadito che il testo, a suo parere, è legale e appropriato: "l'ordine esecutivo ha come obiettivo quello di proteggere il Paese e il presidente ha il dovere costituzionale e la responsabilità di farlo", si legge ancora nel commento. Ma la reazione più forte è giunta da Trump in persona, che su Twitter ha scritto: "L'opinione di questo cosiddetto giudice, che essenzialmente porta via dal nostro Paese l'applicazione della legge, è ridicola e sarà ribaltata". E poi ancora, in un altro tweet: "Quando un Paese non può più dire chi può e non può entrare e uscire, soprattutto per ragioni di sicurezza, è un gran problema". Secondo Trump, che oggi compare sulla copertina del settimanale tedesco Der Spiegel in una controversa illustrazione in cui decapita la statua della libertà, "se vengono lasciate entrare certe persone, è morte e distruzione". Si tratta del primo schiaffo al governo Trump e di una vittoria politica per i democratici: sono stati infatti i procuratori generali degli Stati di Washington e Minnesota a presentare l'azione legale che ha scatenato la sospensione di oggi. Il blocco del travel ban introdotto dal giudice federale James Robart ha effetto immediato ma si tratta di una sospensione temporanea, che sarà valida finché Robart non prenderà una decisione definitiva sulla legittimità dell'ordine presidenziale, o finché una Corte superiore non deciderà di rimuoverla. Robert, giudice nominato dall'ex presidente repubblicano George W. Bush (alla Casa Bianca da 2001 al 2009), ha sottolineato che le "circostanze presentate" davanti a lui "sono tali che richiedono un intervento per garantire l'ordine costituzionale". Fra le compagnie aeree che hanno cominciato ad ammettere sui voli per gli Usa i passeggeri finora colpiti dal "travel ban" ci sono Air France, Qatar Airways, Emirates, Etihad Airways, Iberia e Lufthansa. Il "travel ban", firmato da Trump venerdì 27 gennaio, è un decreto che sospende per 120 giorni gli ingressi di tutti i rifugiati negli Usa e vieta per 90 giorni l'ingresso negli Usa a cittadini di (Iran, Siria, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen e Libia). Ma queste misure hanno scatenato critiche sia all'interno degli Usa, con numerose proteste nei principali aeroporti, sia a livello internazionale, con grandi manifestazioni dal Regno Unito all'Australia. Il dipartimento di Stato ieri aveva assicurato che erano 60 mila i visti revocati sull'onda del provvedimento; cifra molto più bassa rispetto a quella diffusa sempre ieri da un avvocato del dipartimento della Giustizia durante un'udienza in un tribunale federale della Virginia, che aveva parlato di 100 mila visti revocati. Oggi la novità: da fonti emerge che, nel rispetto dell'opinione del giudice federale di Seattle, il dipartimento di Stato americano consentirà l'ingresso negli Stati Uniti alle persone con visti validi; e anche il dipartimento della Sicurezza interna ha annunciato la sospensione dell'applicazione dell'ordine esecutivo.