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Amri Anis, il tunisino ricercato per l'attentato di Berlino, bruciò il Cie di Lampedusa

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Era arrivato in Italia da clandestino nel 2011, ancora minorenne. A seguito della Primavera araba ha lasciato la Tunisia e si è diretto in Europa. Nel nostro Paese ha trascorso quattro anni nel carcere dell'Ucciardone a Palermo. Un tipo violento, che anche durante la detenzione avrebbe dato segnali preoccupanti. Al momento del rimpatrio, il solito problema del riconoscimento da parte del Paese d'origine, ha impedito l'esecuzione del provvedimento. Quindi la permanenza nel Cie di Caltanissetta e alla fine la libertà. E così, Anis Amri, il tunisino ricercato dalle autorità tedesche perché ritenuto uno dei responsabili nell'attentato al mercatino di Natale di Berlino, è rimasto in circolazione. Eppure, stando a quanto si apprende, l'Italia avrebbe segnalato il suo nome nella banca dati dell'area Schenghen. Non solo. Da sei mesi era anche sotto osservazione da parte delle autorità tedesche perché ritenuto vicino ad ambienti radicalizzati e legato a gruppi terroristici, come l'Isis. Sembra che il giovane fosse in contatto con una branca dello Stato islamico che si occupava di reclutare combattenti da mandare in Iraq o Siria. Un quadro inquietante, in parte dipinto anche dal padre del 24enne sentito dalla radio tunisina Mosaique FM. Nell'intervista l'uomo ha detto che il figlio aveva lasciato la Tunisia sette anni fa come migrante illegale e ha scontato quattro anni di prigione in Italia perché accusato per un incendio in una scuola. In Germania era arrivato più di un anno fa. Guai anche con la giustizia tunisina, dove è ricercato dalla polizia di El Oueslatia. In passato, poi, sarebbe stato condannato in contumacia a cinque anni per furto, con l'aggravante della violenza. Alla sua identificazione le autorità tedesche sono arrivate grazie ad un documento ritrovato nel camion utilizzato per compiere la strage di Berlino. E da qui si è partiti per rintracciare il 24enne che avrebbe almeno 8 alias. Nel 2015, quindi, quando la Tunisia ha tardato nell'invio all'Italia dei documenti per il riconoscimento, Anis Amri si è trovato ad un tratto libero, di andare in Germania. Ora su di lui pende una taglia di 100.000 euro. La procura federale tedesca, infatti, ha rivolto un appello alla cittadinanza affinché collabori per individuarlo. Secondo l'identikit diffuso Anis Amri è alto 1,78 metri, pesa circa 75 kg, ha capelli neri e occhi marroni, ha alcuni tatuaggi sul collo e sul naso. In Italia Anis si sarebbe macchiato di vari reati. Secondo quanto riferito dal padre sarebbe stato accusato di aver incendiato una scuola italiana. Nel 2011, appena arrivato nel nostro Paese, ha partecipato all'incendio appiccato nel Cie di Lampedusa. Arrestato, è stato trasferito a Palermo. Poi è stata la volta del Centro di identificazione e espulsione di Caltanisetta dove, scaduto il tempo di permanenza senza che la Tunisia inviasse i documenti per il rimpatrio, è stato liberato. Era il 2015, e da quel momento si sono perse le tracce. Arrivato in Germania, presumibilmente nello stesso anno, a giugno scorso le autorità locali hanno rigettato la sue rihiesta di asilo. Anche qui, però, l'espulsione non è andata a buon fine perché la Tunisia ha ritardato l'invio dei documenti necessari per l'identificazione. Il paese d'origine, stando a quanto sostenuto dal ministro dell'Interno della Nord Reno Westfalia, Ralf Jäger, aveva a lungo sostenuto che non fosse tunisino, ostacolando le pratiche per il rimpatrio. La procedura per la preparazione di un documento sostitutivo del passaporto tunisino, per rientrare nel suo paese, è stata avviata in agosto «ma la Tunisia - ha chiarito ancora il ministro - ha contestato il fatto che questa persona fosse un suo cittadino e quindi i documenti non potevano essere approntati». Ironia della sorte il documento necessario è arrivato proprio ieri. Le autorità tedesche stanno cercando di ricostruire la rete di relazioni in Germania. Emerge, però, un dettaglio. Il tunisino era noto alle autorità tedesche e su di lui erano già partite le indagini, almeno sei mesi fa, perché sospettato di preparare un attentato. L'attenzione da parte dei servizi segreti si era concentrata sul giovane immigrato dopo l'acquisto di armi automatiche. Le indagini condotte dalla procura federale portarono a poco, se non alla scoperta che Anis era coinvolto nello spaccio di droga. Troppo poco per continuare a tenerlo sotto sorveglianza. E quindi, ancora una volta, il tunisino è riuscito a sfuggire ai controlli. Nella sua mente, però, probabilmente già esisteva il progetto di un attentato e, se fosse confermato il suo coinvolgimento nella strage di Berlino, è riuscito nel suo intento. 

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