Quando Wojtyla chiese rispetto all'Islam
Ha detto Papa Francesco che «se uno dice una parolaccia contro la mia mamma gli aspetta un pugno». Sarà, ma di cristiani che in giro per il mondo, nei paesi islamici, non hanno neppure la possibilità di professare la loro fede per mancanza di libertà religiosa - che è più di una parolaccia contro la mamma - ce ne sono parecchi. Troppi. E di pugni (nel senso di una battaglia per la reciprocità della libertà, anche religiosa, che da noi c’è ma in diversi Paesi islamici no) per adesso nemmeno l’ombra. Eppure sono passati venti anni da quando, era il 1995, di giugno, a Roma venne inaugurata la moschea. In Vaticano, all’epoca, siedeva Giovanni Paolo II, il Pontefice che con la sua intensità e i suoi viaggi aveva fatto crollare i primi mattoni dei sistemi comunisti e atei, illiberali, ridando entusiasmo nel futuro, a cominciare dalla sua Polonia. Nel giorno dell’inaugurazione della Moschea Papa Wojtyla disse: «Si inaugura oggi a Roma una grande moschea. Tale avvenimento costituisce un segno eloquente della libertà religiosa qui riconosciuta ad ogni credente. Ed è significativo che a Roma, centro della cristianità, sede del successore di Pietro, i musulmani abbiano un loro proprio luogo di culto nel pieno rispetto della loro libertà di coscienza. In una circostanza significativa come questa si deve rilevare purtroppo come in alcuni paesi islamici manchino altrettanti segni di riconoscimento della libertà religiosa. Eppure il mondo, alle soglie del terzo millennio, attende questi segni. La libertà religiosa - proseguì Giovanni Paolo II - è entrata ormai a far parte di numerosi documenti internazionali e rappresenta uno dei pilastri della civiltà contemporanea. Nell’essere lieto che i musulmani possano riunirsi in preghiera nella nuova moschea di Roma, auspico vivamente che ai cristiani e a tutti i credenti sia riconosciuto in ogni angolo della terra il diritto ad esprimere liberamente la propria fede. Per questo prego il Signore ed invoco l’intercessione di Maria, madre sua sempre vergine, onorata anche dai fedeli dell’Islam». Da allora, son trascorsi vent’anni, la situazione per i cristiani e non, sulla libertà religiosa (e non solo) nei paesi islamici (salvo essere musulmani) è andata persino peggiorando. Perché Papa Francesco non fa sue le parole e la battaglia di Wojtyla anziché parlare di mamme e pugni? Nel 2015 infatti, questa dovrebbe essere, assieme alla lotta contro il fenomeno del fondamentalismo jihadista ed assassino, la sfida dell’Occidente giudaico-cristiano. Perché la libertà religiosa nel mondo continua a diminuire e i cristiani sono il gruppo religioso maggiormente perseguitato. Stando alla XII edizione del Rapporto sulla Libertà Religiosa nel Mondo della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, presentato alla fine dello scorso anno, che fotografa il grado di rispetto della libertà religiosa, su 196 Paesi, analizzando le violazioni subite dai fedeli di ogni credo e non solo dai cristiani, in ben 116 si registra un preoccupante disprezzo per la libertà religiosa, ovvero quasi il 60%. Attenzione però ad un dato: i Paesi identificati come luoghi di elevato grado di violazione della libertà religiosa, dove cioè la libertà religiosa non esiste sono 20 e in 14 di questi, la persecuzione è a sfondo religioso ed è legata all’estremismo islamico. Sono: Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Libia, Maldive, Nigeria, Pakistan, Repubblica Centrafricana, Siria, Somalia, Sudan e Yemen. Negli altri 6 Paesi, la persecuzione religiosa è invece perpetrata da regimi autoritari, in Azerbaigian, Myanmar, Cina, Corea del Nord, Eritrea e Uzbekistan. Dal Rapporto emerge anche che nella lista degli Stati in cui si registrano gravi violazioni della libertà religiosa, i Paesi musulmani rappresentano la maggioranza. Non solo: in Africa, la tendenza più preoccupante degli ultimi anni è la crescita del fondamentalismo islamico - sotto la spinta di gruppi come Al Qaeda nel Maghreb islamico, Boko Haram e al Shabaab - e un aumento di casi di intolleranza religiosa si riscontra in Egitto, Libia e Sudan. Altro rischio, il Medio Oriente: tra estendersi dello Stato islamico e le migrazioni di massa con i jihadisti - nella città di Mosul - che hanno cacciato i gruppi religiosi diversi dall’Islam fondamentalista. Qui, se vogliamo guardare la realtà, siamo ben oltre una parolaccia detta alla mamma che dovrebbe scatenare il pugno. Siamo davanti ad una persecuzione e ad una ferita, profonda ed a rischio di cancrena permanente, contro le nostre libertà, a cominciare da quella religiosa. Si ricordi di Wojtyla, allora, Papa Francesco e magari si rilegga, anche se distante dal suo essere argentino e gesuita, le parole del Cardinale Giacomo Biffi. Nel 2000, prima dell’attentato alle Torri Gemelle (altro che offesa a mamma!, caro Papa Francesco) il Cardinale Biffi disse: «I cristiani devono piantarla di dire che bisogna andare d’accordo con tutte le idee. È così per chi non ha nessuna idea». Conclusione: «O l’Europa ridiventerà cristiana o l’Islam vincerà».