Tre soldati libanesi uccisi al confine con la Siria
Il conflitto siriano rischia sempre più di allargarsi a macchia d’olio. Dopo le tensioni alimentate con la Turchia, in seguito agli scambi di colpi di mortaio e agli attentati, ora l’attenzione si sposta sul confine libanese. Alcuni uomini armati hanno attaccato questa mattina a colpi d'arma da fuoco un posto di blocco vicino Arsal, in territorio libanese, uccidendo tre soldati del Paese dei Cedri. Lo riferisce l'agenzia di stampa di Stato libanese National News Agency. La sparatoria sembra collegata alla guerra civile in Siria, dove i ribelli per lo più sunniti combattono contro il regime di Bashar Assad dominato dagli alawiti, setta derivata dal gruppo degli sciiti. I libanesi risultano divisi a proposito della guerra in Siria: da una parte il gruppo sciita Hezbollah, i cui militanti combattono in Siria al fianco delle truppe di Assad; dall'altra un ampio numero di sunniti che appoggiano l'opposizione siriana. Nei giorni scorsi si sono verificati violenti scontri con vittime anche a Tripoli, nel nord del Libano, tra sostenitori e oppositori di Assad. Intanto i ministri degli Esteri dell'Unione europea hanno deciso di revocare l'embargo sulle armi alla Siria e di mantenere invece le sanzioni imposte al regime di Damasco. È l'esito del vertice Ue che si è concluso ieri a tarda sera. Embargo e sanzioni scadono il 31 maggio e per questo era necessario stabilire se rinnovarle. Dal momento che si è deciso di revocare l'embargo, i Paesi europei potranno valutare individualmente se inviare armi, ma nella dichiarazione congiunta diffusa al termine del summit si legge che non procederanno «a questo stadio» con le consegne. Non è però chiaro quando potrebbero cominciare i rifornimenti. I ministri si sono accordati per affrontare nuovamente la questione prima del 1° agosto ma, in base alle linee guida dell'Ue, i Paesi possono comunque decidere indipendentemente se armare i ribelli. Nonostante nessuno Stato membro abbia intenzione di inviare immediatamente armi, la decisione «invia un messaggio molto forte al regime di Assad da parte dell'Ue», ha detto il ministro degli Esteri britannico, William Hague. E si tratta anche di un messaggio alla Russia, che in questi mesi ha continuato a fornire armi a Damasco. Le ultime modifiche alle misure Ue contro il regime di Assad erano state compiute a febbraio, quando il blocco a 27 aveva emendato l'embargo sulle armi per permettere l'invio di equipaggiamenti non letali e medicine a tutela dei civili siriani. Tutto il pacchetto scadeva appunto il 31 maggio. Le sanzioni, che vanno dalle restrizioni sui visti a quelle su export e import, alle limitazioni sui finanziamenti ad alcune società siriane, sono state rinnovate ieri sera per un anno. I Paesi europei, si legge nella dichiarazione congiunta stilata dai ministri degli Esteri, hanno concordato anche che dovrebbe essere fatto tutto il possibile per controllare ogni tipo di esportazione e garantire che le armi non finiscano in mano a estremisti o terroristi. Questa era infatti una delle questioni più spinose poste dai Paesi che, Austria in testa, si opponevano all'invio di armi. Sul fronte opposto, a favore della rimozione dell'embargo per rifornire di armi i ribelli, c'era in testa il Regno Unito.