Giornalista scomparso in Siria. Inchiesta della Procura
Da quasi un mese nessuna notizia dell'inviato Domenico Quirico della Stampa. I magistrati romani indagano per sequestro con finalità di terrorismo
Sequestro di persona con finalità' di terrorismo è il reato ipotizzato dalla procura di Roma che ha aperto una inchiesta sulla scomparsa in Siria del giornalista de La Stampa, Domenico Quirico, di cui non si hanno piu' notizie da quasi un mese. Il procedimento e' stato avviato dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Francesco Scavo i quali hanno affidato ai carabinieri del Ros le prime attivita' di indagine. Domenico Quirico era entrato in Siria lo scorso 6 aprile scorso per portare a termine una serie di reportage sulla guerra civile in corso nel paese. Tre giorni dopo c'è stato «l'ultimo contatto». Più di venti giorni di ricerche nel massimo riserbo, in collaborazione con la Farnesina, hanno dato finora esito negativo. Quirico era stato rapito anche il 24 agosto 2011 insieme ad altri tre colleghi Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina del Corriere della Sera e Claudio Monaci di Avvenire. Vennero liberati due giorni dopo. Il direttore della Stampa, dopo giorni e giorni di silenzio ora spiega che « abbiamo condiviso con le autorità italiane e la famiglia la decisione di rendere pubblica la sua scomparsa, sperando di allargare il numero delle persone che potrebbero aiutarci ad avere informazioni». «Era partito dall'Italia il 5 aprile per Beirut, dove era rimasto una giornata in attesa che i suoi contatti si materializzassero - spiega dice ancora Calabresi - la mattina di sabato 6 aprile gli abbiamo telefonato per avvisarlo del rapimento dei colleghi della Rai nella zona di Idlib. Ci ha spiegato che il suo percorso sarebbe stato completamente diverso e che ci avrebbe richiamato una volta passato il confine. Nel pomeriggio, alle 18.10, ha mandato un sms con cui annunciava al responsabile Esteri de La Stampa di essere in territorio siriano. Due giorni dopo, lunedì 8, ha prima mandato un messaggio alla moglie Giulietta, per confermarle che era in Siria e che era tutto ok, poi verso sera l'ha chiamata a casa. La linea era molto disturbata, ha spiegato che di lì a poco il cellulare non avrebbe preso più e che le persone con cui viaggiava gli avevano chiesto di non utilizzare il satellitare, che sarebbe stato quindi in silenzio per qualche giorno ma di non preoccuparsi. Martedì 9 ha ancora mandato un sms a un collega della Rai nel quale diceva di essere sulla strada per Homs. È stato questo l'ultimo contatto diretto avuto con Domenico». Prima di partire ci aveva avvisato che non avrebbe scritto niente mentre era in Siria e che per circa una settimana sarebbe rimasto in silenzio: la copertura della rete dei cellulari è saltata in molte zone dell'area di Homs e usare il satellitare non è prudente perché così si segnala la propria presenza - prosegue Calabresi - Siamo abituati ai silenzi di Domenico, che si ripetono quasi in ogni suo viaggio, tanto che l'ultima volta che era stato in Mali non lo avevamo sentito per sei giorni. Fanno parte del suo modo di muoversi e lavorare: ha sempre sostenuto che le tecnologie e le comunicazioni sono il miglior modo per farsi notare e mettersi in pericolo. La sua strategia è di viaggiare da solo, tenendo un profilo bassissimo e mimetizzandosi tra le popolazioni, al punto di condividere con un gruppo di profughi il rischio della traversata in barcone tra la Tunisia e Lampedusa». «D'accordo con la famiglia dopo sei giorni di silenzio, lunedì 15 aprile, abbiamo avvisato l'Unità di Crisi della Farnesina del viaggio di Quirico e del suo silenzio. Il giorno dopo abbiamo fornito ogni elemento sui suoi spostamenti per far partire le ricerche. Ricerche che non si sono mai interrotte, e di cui apprezziamo gli sforzi fatti in ogni direzione, ma dal terreno fino ad oggi non sono arrivati segnali di alcun tipo. La scelta di non dare notizia e non pubblicizzare la scomparsa è stata presa, in accordo con le autorità italiane, per evitare di attrarre l'attenzione su Domenico in una zona ad alto rischio di sequestri. Nell'ipotesi che potesse essere in una situazione di difficoltà e cercasse di uscire, ci è stato spiegato che era bene non dare visibilità alla sua presenza. La grande angoscia delle sua famiglia e di tutti noi, colleghi e amici di Domenico, finora è stata tenuta riservata e anche gli amici che ha nelle altre testate hanno rispettato questo silenzio che speravamo favorisse una soluzione. Purtroppo non è stato così e per questo abbiamo ora deciso di rendere pubblica la sua scomparsa».