Crisi coreana: pronto il piano di Washington e Seul
Stati Uniti e Corea del Sud non restano indifferenti alle continue provocazioni della Corea del Nord e hanno messo a punto un piano di risposta graduale ma decisa e commisurata alle eventuali azioni di Pyongyang, in modo da evitare un'escalation più ampia della guerra. Lo scrive il New York Times, citando fonti anonime dell'amministrazione statunitense. Secondo il quotidiano, il piano di risposta alla provocazione prevede una risposta immediata ma proporzionale alla Corea del Nord. Il sito da cui partirà qualsiasi attacco nordcoreano sarà colpito con armi simili; se i coreani dovessero bombardare un isola sudcoreana con installazioni militari, il piano prevede una reazione immediata con un fuoco d'artiglieria di uguale intensità. Se Pyongyang lancerà uno dei suoi missili Musudan (lancio che potrebbe avvenire prima o dopo mercoledì, data entro la quale il regime ha invitato i diplomatici a lasciare Pyongyang), le fonti del Pentagono hanno detto di essere pronte a calcolare la traiettoria in pochi secondi e a provare ad abbatterlo se sembrerà diretto in Corea del Sud, Giappone o Guam; ma prevedono di non fare nulla se sarà diretto in mare aperto, anche se il missile dovesse sorvolare il Giappone. Secondo il NYT, comunque, il leader nordcoreano Kim Jong-un non dovrebbe arrischiarsi a lanciare il missile verso gli Usa o qualcuno dei suoi alleati. Il presidente americano Obama - scrive infine il quotidiano - ha invece escluso di colpire i missili pronti sulle basi di lancio a meno che non ci sia la prova che siano dotati di testate nucleari, di cui peraltro, secondo l'intelligence Usa, Pyongyang ancora non è riuscita a dotarsi. Sul piano civile, la crisi coinvolge le aziende sudcoreane nel complesso industriale di Kaesong, dopo il divieto di accesso ai sudcoreani emanato da Pyongyang. Sono 13 le aziende del Sud che sono state costrette a fermare la produzione. Lo ha reso noto il ministero dell'Unificazione di Seul. Secondo il governo sudcoreano, oggi nove altre imprese si sono unite alle quattro che avevano già sospeso l'attività nel fine settimana per la mancanza di rifornimenti e altri problemi connessi al fatto che mercoledì scorso la Corea del Nord ha deciso di vietare l'accesso a personale e veicoli sudcoreani. Oggi è il sesto giorno in cui il personale sudcoreano non è potuto entrare a Kaesong, unico progetto intercoreano in vigore; dal complesso industriale si può invece uscire e nell'arco della giornata altri 39 sudcoreani rientreranno in patria, lasciando in loco poco meno di 500 connazionali.