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Germania, crolla il mito Volkswagen: fabbriche a rischio stop

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Gianluca Zapponini
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UTOMOTIVE La società non ha mai chiuso siti in Germania. Sindacati sul piede di guerra

Crolla il mito Volkswagen Fabbriche a rischio stop

Oggi l’azienda annuncia sacrifici ai suoi 110mila lavoratori

GIANLUCA ZAPPONINI

••• A Wolfsburg, sede della Volkswagen, dicono i bene informati, sono preoccupati. Oggi, secondo la Cnbc, la dirigenza della casa automobilistica esporrà i propri piani a circa 18mila lavoratori durante un’assemblea cittadina, mentre si vocifera che la casa automobilistica potrebbe arrivare alla chiusura degli stabilimenti di Osnabruck in Bassa Sassonia e Dresda in Sassonia. Nel quartier generale della società c’è tensione dopo che i dati del mercato elettrico hanno certificato il sostanziale fallimento del progetto per la mobilità verde targato Germania. E ieri anche la Borsa ha dato il suo verdetto: il titolo del principale costruttore di auto europeo, tra i primi al mondo, ha chiuso la seduta a Francoforte in ribasso dell’1,4%. Certo, poteva andare peggio, ma il segnale c’è tutto. Gli investitori vogliono capire se e come la casa tedesca potrà uscire dalle sabbie mobili dell’auto elettrica, dove al momento la sfida con la Cina è persa a tavolino. E soprattutto la domanda è se davvero Volkswagen proseguirà sulla strada dell’elettrico o piuttosto tornerà sul sentiero dell’endotermico. E pensare che a metà mattinata il titolo viaggiava in territorio positivo. Poi, la caduta. Più in generale, l’intero comparto automobilistico europeo si conferma ancora una volta in sofferenza, con una produzione in calo del 22% rispetto al 2019, che evidenzia una crisi profonda che mina la competitività dell’intero settore. A colpire l’automotive, in particolare la contrazione del mercato delle auto elettriche in Europa. Una crisi aggravata proprio dalle recenti mosse di grandi case automobilistiche come Volkswagen che sta valutando, per la prima volta nella sua storia, la chiusura di stabilimenti in Germania e la sospensione della «garanzia del lavoro» per circa 110mila dipendenti. Un piano di austerità, annunciato dal ceo, Oliver Blume, che mira a un taglio profondo dei costi e che potrebbe causare notevoli sconvolgimenti tra i lavoratori. E questo ai mercati piace poco, anche perché dietro l’angolo c’è uno scontro senza precedenti con i potentissimi sindacati tedeschi. E se il gruppo che ha creato il Maggiolino deve ridurre i costi tagliando dieci miliardi di euro di spese entro il 2026, ieri i sindacati belgi hanno lanciato l’allarme sull’ipotesi di stop per la fabbrica dell’Audi - stesso gruppo - a Bruxelles. Una fotografia a tinte fosche della stagnazione che ha inghiottito la «locomotiva» industriale dell’Europa, che più di altri Paesi Ue paga i contraccolpi del conflitto in corso in Ucraina e la riduzione degli scambi commerciali con la Russia, a partire dal settore energetico.

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