Istat, cresce il potere d'acquisto delle famiglie. Ma l'inflazione pesa ancora
Il potere d’acquisto delle famiglie italiane è cresciuto del 3,1% nel primo trimestre 2023, ma l’inflazione - seppure in calo - continua a farsi sentire sulla spesa dei cittadini. Se il reddito delle famiglie tra gennaio e marzo 2023 è aumentato del 3,2%, allo stesso tempo, infatti, la spesa per i consumi finali è cresciuta solo dello 0,6%. A dirlo è l’Istat, che ha presentato oggi il Conto trimestrale delle Amministrazioni pubbliche e le stime relative alle famiglie e alle società, sottolineando anche come la propensione al risparmio delle famiglie sia cresciuta del 2,3% nel periodo preso in esame. Un sintomo di attenzione alle spese future, e probabilmente di come i risparmi delle famiglie siano stati intaccati negli scorsi mesi per fare fronte all’inflazione, elemento che incide sui consumi odierni.
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L’Istat segnala inoltre la crescita del deficit delle amministrazioni pubbliche, -12,1% rispetto al -11,3% del primo trimestre 2022. Un peggioramento dovuto alla «minore incidenza delle entrate, riflesso in una riduzione della pressione fiscale», sottolinea l’Istat, specificando come quest’ultima sia scesa di 0,9 pp - al 37% - rispetto ai primi tre mesi del 2022. Diminuiscono anche i profitti delle società non finanziarie, pari al 43,7%, in calo di 0,9 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Non mancano le reazioni, soprattutto sul tema dei consumi. Per l’Unione Nazionale Consumatori, i dati sul potere d’acquisto non sono altro che «un’illusione ottica». Il potere d’acquisto, infatti, «risale del 3,1% sul trimestre precedente, ma la volta scorsa il crollo era stato ben maggiore, pari al 3,7%», sottolinea il presidente Massimiliano Dona, ricordando come su base annua, invece, il potere d’acquisto cali dello 0,3%. Per Dona dunque, nonostante il calo dell’inflazione «non si vede ancora la luce in fondo al tunnel».
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Per Confesercenti, invece, è la crescita dell’occupazione a sostenere il recupero del potere d’acquisto e dei redditi, «ma le famiglie continuano a contenere le spese», sacrificando 7,5 miliardi di euro di potenziali consumi «per ricostituire il risparmio perduto nell’ultimo anno a causa del caro-vita». Insomma, l’inflazione in Italia continua a mordere, come del resto sottolinea l’Ocse, per cui la crescita alimentare ed energetica è rimasta la principale responsabile dell’aumento dei prezzi nel nostro Paese anche nello scorso mese.