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Mes, Bruxelles all'Italia: "La ratifica non si può negoziare"

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Luigi Frasca
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Il via libera al Mes da parte dell’Italia non dovrebbe essere oggetto di trattativa. È questa la sintesi del messaggio che arriva da Bruxelles, dove ieri il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha chiuso una due giorni di Eurogruppo ed Ecofin.

«La riforma del Mes è stata definita da tutti gli Stati membri, quindi è importante che gli Stati membri procedano alla ratifica», ha ribadito il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, nella conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri delle Finanze Ue. Ma il punto è che l’ok di Roma al nuovo Trattato del Mes non dovrebbe essere vincolato all’ottenimento di altre concessioni su altri dossier.

«Naturalmente, se inizi a collegare ogni cosa, diventa più difficile far avanzare le cose e quindi tratterei ogni file a sé stante», ha detto chiaramente Dombrovskis, rispondendo a chi chiedeva di commentare le richieste del governo italiano. Lunedì il ministro Giorgetti ha illustrato ai suoi colleghi europei lo stato dell’arte, ovvero che il Parlamento italiano è contrario alla ratifica, ma ha anche affermato di essere in costante contatto con il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, e con il direttore esecutivo del Mes, Pierre Gramegna, per «la ricerca di una soluzione».

Dal Fondo Salva-Stati hanno indicato come data limite la fine dell’anno, quando scadranno gli accordi di backstop bilaterali, che dovrebbero essere sostituiti dal nuovo backstop comune, un paracadute finanziario nel Fondo di risoluzione per le banche, alimentato con contributi annuali del settore bancario, per far fronte a eventuali crisi. Il governo italiano vorrebbe vincolare la ratifica al nuovo Mes sia alla riforma dell’Unione bancaria, ma soprattutto alla revisione del Patto di Stabilità, da approvare entro l’anno, su cui l’Ecofin sta già lavorando e che inizierà a discutere nella riunione del 16 giugno. Giorgetti punta a far entrare nella proposta del nuovo Patto una golden rule, ovvero lo scoperto dalla spesa, per gli investimenti su verde, digitale e difesa, nonché quelli per il Pnrr.

Bruxelles, tuttavia, pur tenendo aperti i canali con Roma, ha sia escluso che il capitolo Mes si possa riaprire (è un trattato ratificato da tutti gli altri 26 paesi), sia che si possa legare un impegno già preso dall’Italia nel 2020, con altre proposte legislative in cantiere. Insomma, il governo dovrà in qualche modo o riuscire a spiegare alla maggioranza la necessità di avere in Europa il nuovo strumento, anche alla luce delle recenti turbolenze bancarie, fugando anche i falsi miti che si sono addensati sul Fondo Salva-Stati negli anni, o farlo digerire assieme a qualche altro risultato ottenuto a Bruxelles.

L’altra grande sfida per l’Italia riguarda il Pnrr, non tanto il pagamento della terza rata da 19 miliardi che dovrebbe arrivare a breve, quanto la consegna dell’emendamento al piano, con le modifiche che il governo vuole apportare alla luce dei cambiamenti oggettivi che si sono verificati, e con il nuovo capitolo del RePowerEu. Un’unica proposta di modifica che l’Ue raccomandava entro il 30 aprile, con scadenza a fine agosto, ma che il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, confida arrivi «nelle prossime settimane».

L’Italia, avendo a suo tempo già chiesto tutta la quota di prestiti del Recovery, ora deve attendere che si esauriscano le richieste degli altri Stati - che al momento sono arrivate a 150 miliardi - per capire cosa potrà richiedere. Ma «c’è anche la possibilitàspiega Gentiloni- di utilizzare parte dei fondi della coesione o al contrario di spostare parti dei programmi verso i fondi della coesione, il che ovviamente significa spostarli anche con una prospettiva diversa, perché i fondi di coesione scadono nel 2029 e non nel 2026».

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