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Cosa è successo con il Reddito di cittadinanza: i numeri del flop grillino

Leonardo Ventura
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Sono prevalentemente donne (60%), sui 49 anni, sole e/o con figli le principali beneficiarie delle misure di sostegno al reddito, quegli interventi - come il Reddito d’inclusione prima e il Reddito di cittadinanza poi - introdotte con l’obiettivo principale di contrastare la povertà nel nostro Paese. È questo l’identikit che ha tracciato ieri l’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche), presentando i risultati di una doppia indagine che ha analizzato sia i beneficiari delle misure di contrasto alla povertà, sia gli attuatori locali di tali misure, ovvero i centri per l’impiego, i servizi sociali comunali e gli ambiti sociali.

Chi ha ricevuto questo tipo di sostegno è equamente distribuito nel nostro territorio, con una maggiore presenza nel Sud (33,7%), mentre è bassissima la quota di chi proviene da paesi extraeuropei. Si tratta di soggetti caratterizzati da un livello di istruzione tendenzialmente basso e poco qualificati dal punto di vista della professione (il 78% di coloro che dichiarano di essere occupati ha un basso profilo di competenze). Le misure hanno intercettato non solo persone in condizioni di mero svantaggio economico e materiale. L

’indagine mostra, infatti, come siano altrettanto fondamentali aspetti legati alla vita relazionale, all’istruzione e alla formazione, allo stile di vita: dimensioni che non devono essere trascurate nella programmazione e nell’attuazione dei processi di inclusione sociale.

Di rilievo, per i beneficiari del Rei, l’impatto della policy sulla riduzione della grave deprivazione materiale e, come atteso, l’aumento del reddito medio netto familiare. L’offerta di lavoro e di attività formative per i beneficiari del Reddito di cittadinanza è il punto dolente messo in evidenza dalla gran parte dei rispondenti, sia sul versante sociale che su quello dei servizi per l’impiego. Infatti, quasi il 60% degli ambiti territoriali sociali e dei centri per l’impiego individua come problematica la dimensione attuativa della misura. Solo una quota minima di rispondenti, tra il 3 e l’8 % a seconda della tipologia di servizio, ritiene che la misura abbia prodotto risultati in termini di attivazione lavorativa e formativa.

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