stime del pil
L'Italia riaccende i motori, c'è aria di ripartenza: i segnali positivi
Le nubi che si addensavano sull’economia italiana si stanno diradando. I gufi che lo scorso anno prevedevano il crollo della produzione, migliaia di disoccupati a spasso e tragedie sociali, non aprono più bocca. Il vento pare cambiato. E ad approfittarne, facendo ingoiare bocconi amari al centrosinistra, sarà il governo del premier Meloni.
Il calo del prezzo del gas dopo le fiammate estive, provocate principalmente dagli acquisti senza limite di prezzo della Germania in barba alla solidarietà europea, e l’oscillazione contenuta del costo del greggio attorno agli 85 dollari, lasciano presagire un 2023 meno cupo di quello annunciato dai principali istituti di ricerca e dalle grandi organizzazioni che fanno le stime. Ieri è stata Confindustria a prendere atto che l’economia italiana per il mutare delle condizioni internazionali può fare, quest’anno, molto meglio di quanto ipotizzato. Per viale dell’Astronomia la situazione «procede meglio rispetto alle attese».
Certo, l’inflazione sia ancora molto elevata e pari al’11,6% nell’ultima rilevazione dell’Istat. Ma questo dato appartiene già al passato perché l’associazione degli industriali ha rilevato come il prezzo del gas ai livelli più bassi da oltre un anno e la tenuta del potere d’acquisto delle famiglie abbiano sostenuto l’attività produttiva. E il termometro economico principale e cioè i listini della Borsa, hanno già anticipato i segnali positivi con indici in recupero nelle prime settimane del 2023.
Un anno, il ventitre, che è numero tradizionalmente associato alla fortuna, e che crea un gran problema a chi, anche all’interno del Paese, tifa per il crac del sistema pur di intestare il fallimento all’attuale maggioranza. Gli stessi che predicavano il disastro dopo l’uscita di Mario Draghi dal governo con lo spread a livelli orbitali. Una profezia di sventura che non si è avverata, e si può dire fortunatamente, per la tenuta del sistema bancario e perla salvaguardia del risparmio italiano. La settimana si è chiusa con un livello del differenziale di rendimento tra Btp e Bund a 180 punti base. Nessun allarme dai mercati insomma per l’economia del Belpaese.
Eppure i catastrofisti non lesinavano tragedie. A settembre scorso Standard&Poor’s, l’agenzia di rating Usa, aveva dato per il 2023 un verdetto negativo con un Pil a -0,1%. Mentre Fitch, la più pessimista in assoluto, addirittura un tracollo dello 0,7%. Anche gli economisti del Fondo monetario internazionale hanno sempre concesso poco al nostro Paese. E la loro previsione a ottobre scorso stimava una contrazione dell’economia dello 0,2% nel 2023. Nonostante la diminuzione del prezzo del gas, iniziata a novembre, potesse essere considerata quasi strutturale S&P’s ha comunque considerato che l’Italia dovesse soccombere sotto il peso dei fattori geopolitici ed economici.
Nel report di dicembre scorso, un solo mese fa, gli economisti mettevano sotto l’albero di Natale, la recessione nel 2023 con Pil previsto in flessione dell’1,1%. Poi la svolta. Improvvisa forse per molti studiosi ma in realtà abbastanza evidente seguendo le dinamiche dei prodotti energetici, i cui prezzi sono tornati ai livelli pre-conflitto ucraino. Una condizione che ha già avuto i primi effetti sull’inflazione, in lieve rallentamento e comunque sulla strada del raffreddamento, e che pone le basi per il cambio diverso delle aspettative di famiglie e imprese. Per completezza di informazione però in questo caso va fatto un distinguo importante.
La riduzione del costo del metano è legata oltre che a fattori internazionali anche, e purtroppo, al minor tiraggio di energia da parte delle imprese industriali italiane che, consapevoli della frenata dell’economia, annunciata in pompa magna, hanno messo le macchine al minimo. Nulla esclude dunque possibili aumenti nei prossimi mesi se le prospettive tornassero rosee. Ma a compensarli sarebbe questa volta un fattore che non ha avuto ancora la possibilità di spiegare i suoi effetti. E cioè il tetto al prezzo del petrolio e del gas. Pur se non è chiaro come e quando funzionerà, infatti, la sola sua presenza basta di fatto a tenere alla larga gli speculatori. Che non amano ostacoli di qualsiasi natura in grado di spuntare l’effetto delle loro scommesse finanziarie. Difficilmente si vedranno, dunque, le fatture gonfiate della scorsa estate. Un altro elemento che lascia ben sperare e lascia con le ali tarpate i «gufi».
Banca d’Italia se ne è giù accorta. Venerdì scorso Palazzo Koch ha scritto nero su bianco che il prossimo anno l'attesa frenata sarà meno forte del previsto con un Pil a +0,6%. A questo punto serve solo crederci.