stagnazione
Caro energia e inflazione, nel 2023 Italia a crescita zero
L'economia italiana sta vivendo un fortissimo shock da tutti i punti di vista. E, se il 2022 aveva dato qualche segno di speranza, le prospettive per il 2023 non sono affatto rosee. Anzi. Confindustria mette in guardia sul rischio stagnazione e, per il nostro Paese, prevede addirittura un periodo a crescita zero. Secondo lo studio, all'origine della stagnazione ci sarebbero i rincari legati al costo dell'energia e la conseguente pesantissima inflazione.
Ma vediamo nel dettaglio le prospettive economiche. Lo shock energetico abbatte le prospettive di crescita: se il 2022 si appresta a chiudere con un brillante 3,4% superando così la prova Covid e rivedendo all’insù dell’1,5% le previsioni dello scorso aprile, già nel terzo trimestre la crescita del Pil comincerà a rallentare per scendere dello 0,6% nel quarto e toccare il -0,3% nel primo trimestre del 2023 consegnando ai dati del prossimo anno una crescita al ribasso pari a zero che porterà in media d’anno «l’Italia in stagnazione, alla quale si assocerà un’inflazione record». È questo il quadro tratteggiato dal rapporto del centro studi di Confindustria dal titolo «Economia italiana ancora resiliente a incertezza e shock?». Previsioni caratterizzate da forti elementi di incertezza, dalla fornitura di gas russo all’andamento della pandemia, dall’inflazione alla risalita dei tassi di interesse. Da settembre in poi comunque, esaurita la spinta legata al gap da colmare rispetto al pre-pandemia, si manifesteranno «pienamente», scrivono ancora gli economisti di Viale dell’Astronomia, «gli effetti negativi dell’aumento dei prezzi dei prodotti energetici», si legge nel Rapporto. Nella seconda metà di quest’anno dunque, «si assisterà ad un progressivo indebolimento della crescita che culminerà, tra fine 2022 e inizio 2023, in un aggiustamento al ribasso dei livelli di attività», si legge ancora nel Rapporto che delinea però la possibilità di un «un lento recupero», di un «aggiustamento» che avverrà sia dal lato della produzione, sia da quello dei consumi delle famiglie.
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Resta per il momento da record l’inflazione salita rapidamente nel 2022, e arrivata al +8,9% annuo a settembre, su valori che non si registravano dagli anni Ottanta. «L’impennata dei prezzi energetici al consumo (+44,5% annuo) è responsabile di circa metà di tale aumento. Nella media del 2022 l’inflazione si attesterà al +7,5% per poi ridursi parzialmente il prossimo anno (per l’effetto meccanico di un prezzo del gas ipotizzato fermo nell’orizzonte previsivo), ma su valori ancora doppi rispetto all’obiettivo della Banca Centrale». Per il 2023 si stima un livello dei prezzi al consumo al 4,5%.