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Stretta Bce, primi rincari sui tassi dei mutui per la casa
Primi effetti della stretta monetaria targata Bce sui mutui italiani. Il bollettino mensile diffuso dall’Associazione Bancaria parla infatti apertamente di tassi sui nuovi mutui in Italia che hanno segnato un nuovo massimo pluriennale a luglio, al 2,15%, il valore più elevato dal febbraio del 2017, per poi limarsi al 2,13% ad agosto, in cui i volumi risultano solitamente inferiori. Un livello che comunque resta meno della metà del massimo segnato da questa voce a fine 2007, al 5,72%. Come noto a luglio la Bce ha alzato i tassi di riferimento per tutta l’eurozona di 0,50 punti percentuali. L’ultima rilevazione dell’Abi sui tassi riguarda la media di tutto il mese di agosto, non incorpora quindi l’ulteriore rialzo che la Bce ha poi effettuato a settembre (altri 0,75 punti base con cui il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento è stato portato all’1,25%).
Guardando alla dinamica di erogazione del credito poi, Palazzo Altieri riporta che complessivamente, ad agosto 2022, i prestiti bancari a imprese e famiglie siano aumentati del 4,1% rispetto a un anno fa, in accelerazione rispetto ai mesi precedenti. Secondo l’associazione guidata da Antonio Patuelli, poi, ad agosto 2022 i tassi di interesse sulle operazioni di finanziamento sono rimasti su livelli bassi. Il tasso medio sul totale dei prestiti è stato del 2,32%, a fronte del 2,25% a luglio e rispetto a un picco del 6,18% prima della crisi, a fine 2007. Mentre il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese si è attestato all’1,26%, dall’1,31% del mese precedente. «I valori più granulari, specialmente sui mutui», ha sottolineato Gianfranco Torriero, vicedirettore generale dell'Abi, «possono risentire del fatto che ad agosto i volumi delle operazioni sono meno consistenti che in altri mesi. Lievi fluttuazioni delle sofferenze nette delle banche in Italia sui prestiti erogati, che si mantengono in prossimità dei minimi storici. Questa voce viene elaborata dall’Abi al netto delle svalutazioni e degli accantonamenti già effettuati dalle banche con proprie risorse. A luglio 2022 le sofferenze nette erano risultate pari a 16,8 miliardi di euro, dopo 16 miliardi a giugno che avevano rappresentato una limatura di circa 200 milioni rispetto al mese precedente». I crediti in sofferenza, infatti, risultano diminuiti di circa 1 miliardo rispetto al luglio 2021, e sono di 72,1 miliardi inferiori rispetto al livello massimo toccato a novembre 2015 (88,8 miliardi). Conseguentemente l’incidenza delle sofferenze nette sugli impieghi totali si è attestata allo 0,95% a luglio, a fronte dell’1,03% a luglio 2021 e del 4,89% a novembre 2015.