il fattore Berlino
L'analisi di Lucio Caracciolo è da incubo: "La crisi tedesca ci colpisce in fronte"
Il nostro futuro dipende da come la Germania uscirà dalla crisi in cui è finita. È l'avvertimento lanciato Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes che in un articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa spiega come "la crisi tedesca ci colpisce in fronte". La svolta epocale, annunciata a febbraio dal cancelliere Olaf Scholz, che consisteva in un fondo da 100 miliardi per "rinsanguare" le Forze armate tedesche, disarmate alla fine della guerra fredda, insieme allo stanziamento di una somma annua pari almeno al 2% del pil per la Bundeswehr, (che farebbe della Germania il terzo paese al mondo per investimenti militari) è un salto quantico.
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Secondo l'analista la guerra tra la Russia e l'Ucraina ha colpito la Germania impreparata, quasi più dell'Italia. "A differenza del nostro paese, la Germania, era però leader di fatto in ambito europeo. Ci si poteva attendere che il governo tedesco indicasse la linea d'emergenza ai soci comunitari. Dopo sei mesi, non se ne vede traccia. Perché Berlino stessa brancola nel buio, all'insegna del 'domani si vedrà'. Nell'eterogenea famiglia euro-atlantica ognuno naviga a vista. Nessuno si attende che Scholz, il cancelliere meno carismatico della storia tedesca, abbia idea della rotta migliore. Altro che locomotiva Germania" prosegue Caracciolo che dipinge una prospettiva da incubo per tutta l'Europa in cui la Germania non riesce a giocare il ruolo di leader. "I vagoni europei giacciono in binari morti o seguono traiettorie erratiche. Poiché gli Stati Uniti hanno altre priorità, a cominciare dal caos di casa e dalla sfida sempre più calda con la Cina, l'assordante silenzio germanico suona allarmante. Mentre la guerra d'Ucraina non accenna a spegnersi, l'unica 'strategia' risulta dalla sua mancanza: rinvio o improvvisazione. In questo semestre bellico sanzioni e controsanzioni hanno incrinato i muri portanti dell'edificio tedesco".
Poi Caracciolo spiega come la guerra si è intrecciata con la crisi energetica soprattutto per la Germania che dipende dal gas della Russia più del nostro Paese. La guerra, infatti, è scoppiata alla vigilia dell'inaugurazione del gasdotto Nord Stream 2, deputato raddoppiare il flusso di gas russo verso la Germania via Mar Baltico, anche per aggirare l'Ucraina. "Qualcuno a Berlino spera che la guerra finisca presto in modo da attivare quel tubo. Ma fra ricatti di Gazprom e vertiginoso aumento del prezzo del gas, per ora tutto inclina verso la rottura dell'interdipendenza energetica fra Germania e Russia, avviata mezzo secolo fa, in piena guerra fredda, da Brandt e Breznev" spiega affermando che "il modello energetico tedesco dev' essere rivisto da cima a fondo. In tempo di emergenza l'agenda verde può attendere. Ma il conto per l'economia tedesca, e di conseguenza europea, s' annuncia salato" avverte anche perché "Berlino e soci nordici si oppongono al tetto sul prezzo del gas proposto da Draghi". Ma anche "la tensione fra Cina e Stati Uniti e la crisi del modello economico cinese colpiscono la relazione speciale Berlino-Pechino. La Repubblica Popolare è mercato primario per la Germania, ma anche test della bislacca teoria per cui commerciando con un paese autoritario lo apri alla democrazia" spiega il direttore.
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Una situazione che sembra senza via di uscita, soprattutto per l'Italia che si ritrova a dipendere dall'America per quanto riguarda la nostra difesa. "La crisi del modello Germania ci colpisce in fronte. Berlino garantisce il debito italiano. Per diversi motivi, tra cui spicca l'interesse dell'industria germanica a salvaguardare l'interdipendenza con i partner del nostro Nord. Ciò fra l'altro ci consente di fregiarci del titolo di 'seconda manifattura d'Europa', più correttamente 'l'altra faccia della prima'. Non un vitalizio. Vedremo come questo clima influirà sulle decisioni riguardo la revisione del patto di stabilità e crescita. Infine, Germania e Italia, nell'ordine, sono in Europa i paesi che rivelano il massimo dislivello fra volume dell'economia e credibilità dello strumento militare. Le chiacchiere sulla difesa europea, mai molto al di sopra dello zero, si confermano tali via dure repliche della storia. La nostra difesa dipende dall'America, tutto il resto è fuffa. Preferiremmo non dover scoprire quali sono i limiti che gli americani pongono a sé stessi nella disponibilità a morire per noi" conclude Caracciolo.
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