le grane
Elezioni, dai prezzi al gas alle banche: ecco le grane per chi vince
Per ora la campagna elettorale si è concentrata su temi distanti dalla realtà. Dalla polemica sulla fiamma nel simbolo di FdI a quella sul presidenzialismo, passando alla tutela dei diritti civili delle minoranze. Ma chiunque dal 26 settembre avrà le leve del comando del Paese si dovrà confrontare con temi più concreti e decisivi per la vita degli italiani. Ecco i dossier che si troverà sulla scrivania il prossimo premier e che dovranno essere risolti.
Inflazione
Viaggia alla media dell’8% all’anno secondo l’Istat. A luglio una piccola frenata al 7,9% grazie al migliore andamento dei prezzi dei beni energetici. Ma questo non ha frenato l’effetto domino. Gli aumenti si sono trasmessi dalle materie prime ai prodotti del supermercato. Così il carrello della spesa ha raggiunto livelli che non si osservavano da settembre 1984, arrivando a una crescita del 9,1%. Servono interventi per calmierare il mercato.
Una delle leve è la riduzione dell’Iva o anche il sostegno economico ai più fragili. Insieme alla lotta a chi specula illegalmente sulle materie prime.
Salari
Urgenti anche interventi che rimettano soldi nelle buste paghe. E le soluzioni sono sempre le stesse. O si aumenta la produttività del lavoro che consentirebbe una maggiore remunerazione degli occupati oppure le risorse ce le mette lo Stato rinunciando a una parte della fiscalità che colpisce i salari, con il taglio del cuneo o con l’abbassamento della pressione dell’erario. Non va dimenticato che sono meno di 500mila i lavoratori interessati da contratti scaduti da poco tempo. Questi chiederanno nelle contrattazioni aumenti più pesanti rispetto a quanto stimato fino a inizio 2022 per tener conto dei rincari. Tutti quelli che hanno chiuso le tornate contrattuali lo scorso anno, cioè prima che il carovita diventasse così importante, torneranno a battere cassa per recuperare il potere d’acquisto. C’è anche il tema della gestione del livello di conflittualità nelle relazioni industriali che rischia di aumentare a dismisura.
Energia
È il tema dei temi. Collegato a quello dei rincari. Gli stoccaggi di gas sono stati riempiti pagando prezzi elevati, i contratti di fornitura con paesi terzi non arriveranno a regime entro il prossimo autunno e le navi rigassificatrici non andranno in produzione prima del 2023. Il quadro di partenza è nebuloso mentre il rischio che Putin chiuda il rubinetto del gas è molto più concreto. A livello Ue si muov poco. Il tetto al prezzo dell’energia proposto da Draghi è stato rinviato.
Le rinnovabili annunciate restano sulla carta per le complicazioni burocratiche.
La siccità limita l’idroelettrico. Unica speranza resta la pace in Libia enorme serbatoio nell’altra sponda che potrebbe sostituire il gas tagliato da Mosca. Più vicino dunque il razionamento. Il nuovo governo dovrà spiegare a imprese e cittadini che l’elettricità o il riscaldamento potrebbe non essere garantito in alcuni fasce orarie.
Rete Unica
Tra le carte che Draghi e il ministro del Tesoro, Daniele Franco, lasceranno sulla scrivania del prossimo premier ci sono partite industriali da chiudere. Sicuramente la creazione della Rete unica di banda larga che prevede un complicato riassetto azionario della Tim con un solo obiettivo: unire le infrastrutture, oggi frammentate, sulle quali corrono i dati e che sono fondamentali per l’economia sempre più digitalizzata.
Una partita che si incrocia tra la necessità degli azionisti privati dell’ex monopolista di consentire lo scorporo della rete massimizzando il suo valore, la presenza del socio pubblico nella compagine azionaria (la Cdp) e le istanze di Open Fiber, anch’essa pubblica, e che dovrebbe trovare la quadra nel disegno. Partita complicata ma che non può restare in stallo per non lasciare il Paese senza la sua autostrada digitale.
Ita
Non è chiaro cosa accadrà. Il destino della compagnia aerea si è sempre incrociato con momenti ad alta tensione elettorale. Il cammino sarebbe già segnato perché il 22 agosto il governo Draghi, in coerenza con lo svolgimento degli affari correnti, potrebbe decidere di accettare una delle due offerte arrivate per rilevare il vettore. La favorita sarebbe Lufthansa. Che ha chiesto di chiudere velocemente per evitare un ripensamento. Il bivio c’è. O si va avanti per non buttare nel cestino il capitale impegnato nel salvataggio (che diverrebbe aiuto di Stato e dunque a carico dei contribuenti) oppure si blocca tutto in attesa di capire l’orientamento di chi vincerà.
Banche e risparmio
Due i temi per chi arriva a Palazzo Chigi. Il Monte dei Paschi di Siena, sul quale la politica può fare molto trattandosi di banca a controllo pubblico, per ora. Non lo sarà a lungo però perché Bruxelles ha chiesto di rimetterla sul mercato con l’uscita dello Stato. La pianta organica è stata ridotta con 3500 esuberi volontari, la ricapitalizzazione partirà in autunno.
Ma per la scelta dei nuovi azionisti è tutto da decidere. Sebbene libero, infatti, sull’ingresso dei soci la moral suasion del governo può pesare.
Non solo. Sul risiko bancario italiano pesa anche l’attivismo dei francesi che da anni portano sotto il loro controllo bocconi delicati. Tra i più attivi il Crèdit Agricole che ha già messo nel mirino Banca popolare di Milano. Nell’ottica della difesa dei soldi degli italiani la politica deve prendere posizione.