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Crisi Ucraina, la rotta del gas passa in Italia: diventa hub dell'Europa. Gli accordi

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Filippo Caleri
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Dopo anni nei quali il ruolo geopolitico dell'Italia era passato in secondo piano, a vantaggio di altre aree del mondo più effervescenti, una su tutta quella del Pacifico, il conflitto ucraino può far tornare la Penisola un nuovo baricentro delle scelte strategiche europee e, giocoforza, mondiali. La causa Ë il gas. Nonostante la transizione ecologica, infatti, che preconizza un sistema economico trainato solo dalle rinnovabili, i paesi industrializzati non possono fare a meno del metano per tenere in piedi le loro economie. Ma se prima i tubi, e la gran quantità di combustibile, arrivavano dal fronte dell'Est europeo con Mosca nel ruolo di fornitore principale, la guerra iniziata di Putin ha già segnato nei fatti l'abbandono di quelle rotte per l'approvvigionamento. Ergo tutto il gas che dovrà sfamare il vorace Vecchio Continente, già a partire dal prossimo anno arriverà dal Sud e dall'Ovest del mondo.

Il cambio è già nei fatti. Gli accordi che l'Italia ha siglato nei mesi scorsi con Algeria, Congo e Angola sono solo apripista di quello che succederà in futuro. E cioè il rovesciamento geografico delle linee energetiche, il ruolo sempre più importante che il serbatoio africano può rappresentare per l'Unione Europea, e soprattutto la trasformazione del nostro Paese in un grande hub energetico dove far convogliare tutti i diversi flussi. Anche quelli generati dal Gas naturale liquefatto (Gnl) che arriverà in maniera sempre pi˘ copiosa in Europa con le navi statunitensi. Considerato che la Francia gode del suo privilegio nucleare, che le ha consentito di essere sempre più autonoma dalle dinamiche legate al mercato mondiale del metano, l'Italia sarà il punto privilegiato di attracco delle navi che portano il liquido da far tornare allo stato gassoso.

Già dal 2023 la Snam dovrebbe infatti poter contare su un natante in grado di portare a termine il processo di rigassificazione. Non solo. Altri miliardi di metri cubi potrebbero passare in Italia dalla Spagna. Paese ricco di impianti che non riesce a spedire quello che non le serve verso i paesi del Nord per la strategia difensiva della Francia. Che da anni blocca la costruzione di un pezzo di tubo per valicare i Pirenei e consentire l'interconnessione con la rete dei transalpini. Un egoismo, quello dei francesi, giustificato dalla necessità di vendere la propria elettricità prodotta con l'atomo, piuttosto che favorire il metano di Spagna.

Scelta giusta, dal punto di vista di Parigi, fino a qualche mese fa. Ma oggi miope. Al punto che la stessa Snam che il tubo terrestre tra Spagna e Francia ha già progettato, nei giorni scorsi ha presentato il progetto alternativo per costruire una conduttura marina che dalle coste spagnole porti metano in Italia. Che sta sempre più prendendo coscienza della trasformazione in atto e del rinnovato ruolo strategico che questa le consentirà di avere. Non è un caso, in questa nuova visione, che insieme a Mario Draghi il premio Leadership Award negli Usa sia stato attribuito anche allíad dell'Eni, Claudio Descalzi. Una nomina che molti non hanno valutato pienamente dal punto di vista geopolitico. Gli americani hanno ´benedettoª la nuova coppia dell'energia. E a loro hanno affidato la conservazione del benessere acquisito per i 320 milioni di europei che senza gas rischiano la povertà in pochi mesi. 

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